Il ministro dell'Interno sarebbe passato al contrattacco dopo che il Tar della Toscana ha bocciato la sua ordinanza sulle zone rosse a Firenze

All'indomani della decisione del Tar della Toscana di bocciare l'ordinanza del prefetto sulle zone rosse bandite ai migranti a Firenze, è polemica sul ministro dell'Interno Matteo Salvini che ha deciso di impugnare la sentenza e intende rivolgersi anche all'Avvocatura dello Stato per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi, lasciando il fascicolo ad altri, per l'assunzione di posizioni in contrasto con le politiche del governo in materia di sicurezza, accoglienza e difesa dei confini. 

Un attacco che viene corredato da nomi e cognomi di tre giudici: Rosaria Trizzino, presidente della seconda sezione del Tar della Toscana, Matilde Betti, presidente della prima sezione del tribunale civile di Bologna e Luciana Breggia, magistrato del tribunale di Firenze. A quest'ultima viene pure contestata "la partecipazione alla presentazione di un libro dove era seduta accanto alla portavoce di Mediterranea e al professor Emilio Santoro, che ha bollato in un'intervista l'esecutivo gialloverde come: il governo della paura".

Ed è proprio questo approccio a far insorgere l'Anm che esprime "sconcerto a fronte degli attacchi personali provenienti da rappresentanti delle istituzioni". Accuse che Salvini rispedisce al mittente: "Non intendiamo controllare nessuno né creare problemi alla magistratura, soprattutto in un momento così particolare e delicato come quello che sta vivendo il Csm", spiega. "L'Avvocatura dello Stato saprà consigliarci per il meglio: ci chiediamo, col dovuto rispetto, se alcune iniziative pubbliche, alcune evidenti prese di posizione di certi magistrati siano compatibili con un'equa amministrazione della giustizia. Parliamo di iniziative pubbliche e riportate dai media, come è facilmente verificabile su internet", aggiunge. Un'accusa, neanche troppo velata di 'partigianeria' dalla quale però i giudici dovrebbero astenersi, altrimenti, dice lapidario: "ti fai eleggere, vai in Parlamento e cambi la legge". 

La sentenza del Tar – È stata pubblicata la sentenza breve con cui il Tar della Toscana, in accoglimento del ricorso proposto dagli avvocati Cino Benelli, Adriano Saldarelli e Fabio Clauser, e sostenuto da Aduc (Associazione degli uenti e consumatori), per conto di una persona denunciata per detenzione a fini di spaccio di un modesto quantitativo di cannabis, ha annullato l'ordinanza del prefetto di Firenze, Laura Lega, sulle 'zone rosse'.

Impugnando il provvedimento, i ricorrenti avevano denunciato un grave danno (vulnus) allo stato di diritto perché con un atto amministrativo, sprovvisto di un'adeguata base legislativa, si prevedeva un divieto di 'stazionare' in alcune zone della città – di fatto in gran parte del centro storico cittadino – a carico di alcune categorie di soggetti individuate sulla base di un rigido automatismo: essere stati 'denunciati' per una serie di reati (tra i quali mancavano alcune reati gravissimi quali l'omicidio, la rapina e chi più ne più ne metta), evidentemente considerati 'sensibili'. "Il tutto in violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza", arrivando "a sacrificare l'esercizio delle libertà costituzionali sull'altare della percezione della sicurezza ovvero di una più diffusa 'percezione' di sicurezza, piuttosto che tutelare effettive esigenze di ordine pubblico".

"Essere denunciati non è un comportamento, è un fatto – spiega una nota di Aduc – Un fatto che non dipende dal denunciato e che in uno Stato di diritto deve essere considerato neutro, fino a che non si giunga ad una condanna definitiva (giusto per avere un'idea: anche chi è stato assolto con formula piena è stato denunciato. Anche chi è stato accusato falsamente è stato denunciato). Ricordiamo che l'ordinanza prefettizia di Firenze è stata lodata dal ministro dell'Interno, Matteo Salvini, come modello da esportare in altre città".

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso. Ed hanno ritenuto l'ordinanza illegittima non solo perché – in mancanza di una norma di legge espressa – incide su diritti costituzionalmente garantiti, quali la libertà di circolazione delle persone stabilita dall'art. 16 della Costituzione, ma anche perché "stabilisce una irragionevole automaticità tra la denuncia per determinati reati e l'essere responsabile di comportamenti incompatibili con la vocazione e la destinazione di determinate aree. Detta automatica equiparazione appare irragionevole poiché non è dato evincere un nesso di consequenzialità automatica tra il presupposto e la conseguenza".

Aduc aveva sostenuto il ricorso anticipando le spese vive per il ricorrente ed ha invitato privati ed associazioni a fare altrettanto, in nome di una comune difesa dello Stato di diritto. All'invito hanno aderito finora la sezione di Firenze di '+Europa' e l'associazione 'Progetto Firenze', oltre ad alcuni cittadini privati. All'udienza si erano poi costituiti l'associazione 'Altro Diritto Onlus' e la 'Camera Penale' di Firenze con interventi autonomi, ma i loro ricorsi sono stati dichiarati inammissibili. La decisione è esecutiva e i divieti in vigore dovranno essere levati. Nel frattempo, coloro che sono stati lesi nei propri diritti di libertà e circolazione potranno presentare ricorso per richiedere i danni alla prefettura e al Comune di Firenze, sostiene Aduc.

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