Il sottosegretario della Lega si difende dall'accusa di aver preso una mazzetta da 30mila euro per spingere una norma sull'eolico

"Non ho mai lavorato con il sottosegretario Giorgetti a Palazzo Chigi. Il ruolo era in iter come consulente esterno per le mie competenze in ambito economico e internazionale", così a LaPresse Federico Arata, il figlio l'imprenditore indagato insieme ad Armando Siri, che, secondo quanto riporta il Corriere della sera, sarebbe stato assunto dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti.

Il M5s, però, gira il coltello nella piaga e riapre la questione. "Se quanto riportato dal Corriere della Sera corrispondesse al vero circa l'assunzione di Federico Arata, figlio dell'imprenditore-faccendiere Paolo, da parte del Sottosegretario Giancarlo Giorgetti a palazzo Chigi, – si legge in una nota – allora ci troveremmo di fronte a un vero e proprio caso. La domanda che, per una questione di opportunità politica, ci poniamo, è se Salvini fosse a conoscenza di tutto questo. Ci auguriamo e confidiamo che il leader della Lega sappia fornire quanto prima elementi utili a chiarire ogni aspetto. Non solo al M5S, con cui condivide un impegno attraverso il contratto di governo, ma anche ai cittadini". Parole a cui parlamentari e ministri della Lega non rispondono volontariamente in quanto "polemiche e insulti che si sgonfieranno nell'arco di qualche ora". L'unico commento che affidano a una nota è: "Federico Arata è una persona preparata".

Siri, dal canto suo, continua a negare ogni tipo di rapporto con Paolo Arata, nonostante l'accusa di aver ricevuto da lui una mazzetta di 30mila euro per spingere una norma sull'eolico che avrebbe favorito l'imprenditore ai domiciliari per mafia. "La presunta tangente da 30mila euro? Sembra tutto assurdo, non ho mai preso un centesimo, non sono vendibile, non sono comprabile. Chiunque dica una cosa del genere è vittima di suggestioni fantastiche", queste le parole del sottosegretario della Lega, in un'intervista a Punto di Domanda su 7Gold, in onda venerdì 19 aprile alle 23.30, riguardo l'inchiesta.

In questo momento migliaia di pagine e file sono sotto la lente degli inquirenti che indagano, a Roma. I documenti sono stati acquisiti nel corso delle perquisizioni scattate ieri in appartamenti, sedi delle società, auto e cassette di sicurezza bancarie di Paolo Arata, indagato per corruzione in concorso con il senatore del Carroccio. Gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi, dovranno nei prossimi giorni analizzare bilanci e documentazioni, oltre ai file recuperati da computer e smartphone e altre tracce acquisite da carte di credito, flussi bancari e conti correnti, a caccia di riscontri sugli affari intrattenuti da Arata e i legami che, anche grazie ai rapporti con Siri, era riuscito a stringere con il mondo politico e istituzionale.

"Sono sereno. Tutto quello che è successo – ha dichiarato Siri a Punto di Domanda – è lontanissimo da me. Salvini è stata la prima persona a telefonarmi ieri mattina. Mi ha detto leggo queste cose, ho piena fiducia in te. A me questo basta". Si legge ancora nel comunicato del programma Tv. "Io non sapevo nulla di quello che stava accadendo, leggevo nomi di personaggi assurdi, mafiosi. Io non so nulla. Mi sono sempre limitato a presentare, come fanno tutti i miei colleghi, degli emendamenti che mi vengono chiesti dalle categorie dai rappresentanti vari delle società in linea con gli obiettivi del contratto di Governo, perché io, non è che ho presentato un emendamento per cercare di fare passare un abuso edilizio nel parco del Cilento, ho presentato un emendamento che mi ha chiesto una filiera di piccoli produttori che mi dicevano di essere in difficoltà. Io non ho fatto altro che portarlo negli uffici, li è finito il mio ruolo", ha concluso.

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