Una nuova giornata ad alta tensione si conclude con l’approvazione in commissione di una manovra che ha messo a dura prova la maggioranza e lascia in sospeso molti temi. “Ho visto grossomodo una trentina di leggi di bilancio, non ce n’è una che abbia zero problemi”, tira le somme il presidente del Senato Ignazio La Russa, arrivato a sorpresa poco prima del via libera anche per rassicurare che l’impegno di portarla in Aula lunedì alle 9.30 sarà rispettato.
“È stato un percorso un po’ più accidentato del solito – ammette il sottosegretario al Mef Federico Freni – ma alla fine ogni fiume arriva al mare”. Una settimana di compromessi, ripensamenti, riscritture: ora gli uffici di Palazzo Madama dovranno affrontare una maratona per comporre il testo, che ha subìto modifiche e aggiunte rispetto a quello approvato dal Cdm.
L’ultima arriva in mattinata, con il nuovo maxiemendamento del governo. Ed è il ministro Giancarlo Giorgetti a portarla in commissione, dopo la minaccia della Lega di far saltare il banco che ha fatto ballare non poco la maggioranza. Le dimissioni chieste dall’opposizione? “Ci penso tutte le mattine, sarebbe la cosa più bella da fare”, è la replica sarcastica, “però siccome è la 29esima legge di Bilancio che faccio so perfettamente come funziona, so che sono cose naturali”.
“Naturalmente – aggiunge – crediamo di aver fatto delle cose giuste, pensiamo di lavorare bene nell’interesse di tutti gli italiani e i risultati vanno in questa direzione. Però adesso tocca al Parlamento”. Ed ecco allora il nuovo maxi. Saltata l’ipotesi del decreto, vengono inserite qui le risorse promesse per le imprese, con il rifinanziamento della Zes e del credito d’imposta; per le coperture l’intervento sull’acconto dell’85% del contributo sui premi delle assicurazioni dei veicoli e dei natanti per 1,3 miliardi.
Cambia rispetto alla prima proposta la norma che allarga la platea delle aziende tenute ad accantonare il Tfr nel fondo Inps, comprendendo da subito tutte quelle con 50 dipendenti, e dal 2032 anche quelle con 40. Sul piano previdenziale esce sì la stretta sul riscatto della laurea e le finestre mobili, ma a sorpresa entrano tagli ai fondi per lavoratori precoci o con lavori usuranti, e lo stop alla possibilità di andare in pensione prima cumulando gli assegni dei fondi complementari, introdotta con la manovra dello scorso anno.
“Pare non interessasse a nessuno. A me dispiace ma evidentemente non è stata ritenuta strategica”, ha spiegato il ministro. Anche se dal suo stesso partito, Claudio Borghi, che in questa manovra si è assegnato il “ruolo dell’antipatico”, già preme per una norma ad hoc: “Era un esperimento e quell’esperimento era quello che agli occhi del famoso ‘tecnico zelante’ dava origine a futuri oneri” ma “non pensiamo che sia una cosa sbagliata”.
Superato questo scoglio, il maxi viene approvato con una aggiunta parlamentare che estende ai contratti rinnovati nel 2024 i benefici della tassazione agevolata al 5% sugli incrementi retributivi corrisposti dal primo gennaio 2026. Inoltre, la platea dei beneficiari viene estesa dai redditi fino a 28mila euro e portata a 33mila.
Superato lo stallo il lavoro sembra avviarsi alla conclusione, ma quando mancano pochi voti si riaccende lo scontro sul condono edilizio, che invece ieri sembrava uscito di scena. “È una forzatura gravissima, o lo ritirano o è ostruzionismo”, protesta la senatrice di Iv Raffaella Paita. “Non è una norma che si può inserire in manovra il 20 di dicembre”, spiega il capogruppo M5s Stefano Patuanelli. “Ci avevano già provato in campagna elettorale in Campania e i cittadini l’hanno già bocciata”, il senatore di Avs Tino Magni, “o lo tolgono o lo tolgono”.
L’impasse si sblocca con il ritiro dell’emendamento, che viene trasformato in ordine del giorno.

