Il leader di Azione: "La premier per noi resta un'avversaria. Accordi nelle Marche? Assolutamente no"

Carlo Calenda esclude un flirt con Fratelli d’Italia in vista delle elezioni regionali nelle Marche. “Assolutamente no, è una notizia falsa. Non c’è nessun flirt con la Meloni, c’è il confronto”. Al congresso c’erano anche “Gentiloni e Monti”, ha detto il leader di Azione a ‘Coffee Break’ su La7. “Noi – ha aggiunto – abbiamo invitato la presidente del Consiglio, abbiamo invitato la segretaria del Pd che non è venuta. C’erano”, tra gli altri, “Gentiloni e Guerini. E’ stato un confronto di anime diverse. Le ho detto che la posizione un po’ con Trump e un po’ con l’Europa non tiene. Oggi siamo chiamati a una scelta, perché gli Stati Uniti hanno deciso” di andare contro l’Europa.

La precisazione del leader di Azione

Azione rimane e rimarrà all’opposizione del Governo Meloni come ho già scritto un milione di volte. Il resto è gossip e strumentalizzazioni da cortile. Quando Letta andò a confrontarsi con Meloni ad Atreju doveva nascere il governo di unità nazionale? Allo stesso modo quando partecipai al congresso della Cgil con Conte e Landini ero ‘entrato nel campo largo'”, scrive Calenda su X “E anche allora – aggiunge – ribadii che confrontarsi non voleva dire allearsi. Al nostro congresso peraltro ho pubblicamente detto che spero in un’alternativa guidata da un riformista come Gentiloni. Azione rimane dove l’hanno messa gli elettori, nel centro liberale, indipendente dai due poli. Rafforzeremo quest’area lavorando con le altre forze liberali e popolari e con tutti i ‘volenterosi’ che non hanno intenzione di consegnarsi ai 5S o a Salvini e alla loro politica subalterna a Trump e Putin. Spero sia sufficientemente chiaro”.

Calenda: “Meloni rimane per noi un’avversaria”

In un post su Facebook, Calenda ha poi specificato che “Meloni rimane per noi un’avversaria che contrasteremo in modo duro ogniqualvolta emergeranno posizioni illiberali e alleanze che vanno in questa direzione. Ma se la politica si riduce alla semplice trasformazione dell’avversario in nemico, con la conseguente scomparsa di ogni ragionamento di merito, allora essa diventa illiberale anche per contributo delle opposizioni ‘democratiche’. Le democrazie cadono quando si smette di avere fiducia nelle istituzioni che le rappresentano. E quelle istituzioni sono lì per garantire un confronto non animato dall’odio tribale, dalla faziosità e dal non riconoscimento della legittimità dell’avversario”.

 

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