Il vicepresidente della Commissione Antimafia spiega quanto trapelato da un fuorionda

“Quando parlavo nel fuorionda di sistemi mi riferivo alle tecnologie, mi riferivo al fatto che l’Italia dovrebbe investire di più nel settore ed evitare di comprare dalla Cina. Mentre il colabrodo fa riferimento a Striano, all’impiegato di banca barese, tutto qui”, lo ha detto a LaPresse Mauro D’Attis, vicepresidente della Commissione Antimafia, rispondendo alle domande in merito a delle sue dichiarazioni strappate in un fuorionda. D’Attis aveva detto che i ‘sistemi italiani di sicurezza stanno tutti nelle mani degli israeliani e dei cinesi‘, e che il nostro sistema è definito come un ‘colabrodo‘. “Parliamo di tecnologie e la riflessione è ‘stiamo attenti a investire di più, in Italia per produrre le tecnologie di sicurezza e non comprarle dai cinesi o dagli israeliani, era questo il senso”, ribadisce quindi il deputato di Forza Italia, che afferma: “Noi abbiamo Leonardo, per fortuna, che è all’avanguardia in questo settore”. Quando gli viene poi chiesto se il ministero degli Interni, i cui sistemi informatici, come emerso nell’ultimo filone dell’inchiesta hacker, sono stati violati, utilizzasse queste tecnologie, D’Attis risponde: “Io parlavo di sistemi in generale, non di quello che utilizza il ministero. Credo il ministero abbia dimostrato tutte le capacità per intervenire, anzi, confido molto nell’attività del ministro Piantedosi”. “Se resta un colabrodo? No, il colabrodo è stata la Procura Nazionale Antimafia con Striano, all’epoca e poi anche il sistema delle banche, che ha dimostrato che è bastato un impiegato che non veniva bloccato nei tempi giusti per sapere tutto di tutti”, conclude.

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