Terzo mandato, Salvini: “Decide il parlamento”

Maggioranza spaccata, pareri contrastanti sia nel centrodestra che nel centrosinistra. Schlein: "Invotabile l'emendamento della Lega"

“C’è una divaricazione tra centro e periferia molto pericolosa che sfiora lo scontro istituzionale, visti i ricorsi che molti stanno ventilando”. Le parole del governatore della Liguria, Giovanni Toti, restituiscono il clima all’indomani della bocciatura in Senato del terzo mandato per sindaci e presidenti di regione. Una decisione che in un colpo solo manda in fibrillazione la maggioranza (spaccata dopo il no di FdI e FI e all’emendamenti della Lega), il Pd, governatori e primi cittadini di tutti gli schieramenti, mentre avanza l’ipotesi che le regioni possano aggirare il divieto. “Decide liberamente il parlamento, non c’è alcun problema di maggioranza di governo e abbiamo altri quattro anni davanti. Sicuramente ci sono posizioni diverse, anche all’interno del Pd. Credo sia democratico che se uno si trova un buon sindaco e un buon governatore lo possa rivotare”, insiste il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, di fatto confermando la volontà di riproporre la questione in aula. Ma è sul fronte dei territori che si riscontra oggi maggiore agitazione.

De Luca: “La Campania il terzo mandato lo puà fare tranquillamente”

“Sul terzo mandato volevo chiarire che la Campania è del tutto indifferente a questo dibattito, perché la Campania il terzo mandato lo può fare tranquillamente, non avendo recepito la legge nazionale sui due mandati. Quindi, da quando eventualmente si recepisce la legge nazionale, si può fare tranquillamente il terzo mandato. Quindi noi assistiamo da osservatori a questo bel dibattito totalmente demenziale”, dice chiaro il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, introducendo un importante elemento nel dibattito. Campania, Puglia e Liguria non hanno recepito ancora la normativa nazionale che chiede di prevedere due mandati e, in teoria, secondo alcuni la potestà legislativa regionale, garantita dalla Costituzione, potrebbe bypassare quella statale, creando un conflitto che solo la Consulta potrebbe risolvere. Sul punto si dividono anche i giuristi.

Il parere degli esperti

“Stando alla Costituzione sarebbe la Regione ad avere la potestà di stabilire i mandati”, dice a LaPresse il professor Vincenzo Cerulli Irelli, ordinario di diritto amministrativo all’università La Sapienza di Roma, perché “anche se una legge dello Stato prevede i due mandati, in teoria nulla vieta che una Regione stabilisca, con propria legge, che i mandati sono tre. Questo potrebbe creare un conflitto tra istituzioni”. Sembra di diverso avviso il costituzionalista Francesco Clementi, ordinario di Diritto pubblico comparato alla Sapienza: “La Corte Costituzionale in una serie di pronunce ha già detto che c’è un tetto di due mandati per l’elezione diretta”, ricorda, osservando che ci sono quindi pochi margini per arginare la legge, perché è vero che “la riforma costituzionale del 2001, del Titolo V”, spiega a LaPresse, “prevede il fatto che siano le stesse Regioni, con i loro statuti, ad autoregolamentare l’elezione dei presidenti di Regione e dei consigli regionali. Ma la legge statale del 2004, sempre in base al Titolo V della Costituzione, disciplina il perimetro di intervento da parte delle Regioni in materia elettorale e dice che c’è un tetto a due mandati”.

Fontana: “Disponibile a terzo mandato”

Oltre a Toti e De Luca, anche il governatore della Lombardia Attilio Fontana oggi si dice “disponibile” a correre per un terzo mandato, ma “bisognerà vedere come sarà la situazione fra tre anni”. Resta polemico il presidente del Veneto Luca Zaia, che spiega: “Non succederà assolutamente nulla per quel che mi riguarda, nel senso ho ancora un anno e mezzo, due anni di mandato e non si è ben capito se ci sarà una proroga”. In ogni caso, aggiunge, “qualcuno ha detto che il Parlamento è sovrano, vedremo quanta sovranità saprà esprimere” e se sarà “rispettosa del popolo. Trovo strano che ci siano delle persone che votano a favore del blocco dei mandati di sindaci e presidenti di regione che sono eletti direttamente dal popolo e poi vai a vedere il curriculum di alcune persone e da quattro o cinque legislature che sono in Parlamento”.

Cosa ne pensa il centrosinistra

Tra i sindaci, spiccano le parole dei primi cittadini di centrosinistra Beppe Sala e Dario Nardella. Lo scontro nel Pd sul terzo mandato “più che pericoloso è sgradevole. Vedo che molti sindaci hanno vissuto negativamente il non sentirsi appoggiati dal proprio partito”, commenta il sindaco di Milano, mentre quello di Firenze ricorda che “l’indicazione della Direzione Pd era quella dell’astensione, poi credo si sia voluto dare la priorità alla posizione unitaria delle opposizioni ma il tema rimane aperto: spero che nel partito ci sia l’occasione per ridiscuterne e per trovare una sintesi”. Si torna così sulla polemica interna ai dem che ieri ha visto una decisa presa di posizione da parte dell’area che fa riferimento al presidente Stefano Bonaccini, che ha espresso “forte disappunto” per il voto al Senato paventando un “rischio per l’unità del partito”. Polemiche che oggi la segretaria Elly Schlein cerca di spegnere “l’impegno a discutere internamente al Pd come la direzione si è impegnata a fare proseguirà. Ieri la Lega ha tentato una forzatura con un emendamento che riguardava il destino e il futuro della poltrona di Zaia era invotabile“. Così la segretaria del Pd Elly Schlein intervistata su La7. “La direzione della settimana scorsa si era impegnata all’unanimità a trovare una sintesi provando a immaginare una riforma complessiva degli enti locali che guardasse sia al numero dei mandati che ai necessari pesi e contrappesi, come il rafforzamento delle assemblee elettive. E questa discussione proseguirà come la direzione si è impegnata a fare. Il punto è che ieri non avevamo sul tavolo una riforma complessiva e bilanciata nell’interesse dei cittadini. Avevamo l’emendamento ‘salva-Zaia’ scritto dalla Lega, che era invotabile”.