Il senatore di Italia al Centro ed ex di Forza Italia è indagato per peculato

La Procura di Monza ha delegato il nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza di Milano a eseguire un decreto di sequestro preventivo del valore di 344.348,31, emesso il 6 ottobre scorso dal gip di Monza, nei confronti del senatore Paolo Romani. Lo ha reso noto il procuratore di Monza, Claudio Gittardi, con un comunicato. Romani “risulta iscritto, nell’ambito del procedimento n. 428/2022” per “il reato di peculato“, si legge nella nota. Il sequestro eseguito oggi ha interessato somme giacenti su conti correnti detenuti presso due istituti di credito e un immobile a Cusano Milanino (Milano).

Il senatore di Italia al Centro ed ex di Forza Italia Paolo Romani è indagato per peculato, nell’ambito di un’indagine coordinata dal procuratore di Monza Caludio Gittardi e dal pm Franca Macchia. Tra il 2015 e il 2018 avrebbe utilizzato 350mila euro di finanziamento pubblico per fini personali. Il denaro era depositato su un conto intestato a Forza Italia, di cui Romani aveva la firma in qualità di capogruppo di Forza Italia nella XVI legislatura. Nel dettaglio, Romani avrebbe prelevato 83mila euro con quattro assegni, poi versati su un conto personale. Altri 180mila euro li avrebbe ottenuti grazie ad una serie di assegni cambiati dall’imprenditore e amico Domenico Pedico. Il senatore uscente avrebbe quindi pagato “molteplici soggetti per finalità estranee al regolamento del Senato” con 95mila euro. Interrogato lo scorso 8 luglio, Romani si era avvalso della facoltà di non rispondere. I suoi legali, gli avvocati Giammarco Brenelli e Daniele Benedini, dopo che si era diffusa la notizia, avevano ricordato che “buoni motivi, di diritto civile e parlamentare, antiche consuetudini e consolidate prassi e giurisprudenze giustificavano un utilizzo discrezionale dei fondi nell’ambito del vuoto legislativo che ha preceduto la regolamentazione” attuale dei fondi pubblici destinati ai partiti. Dal canto suo Romani aveva assicurato di aver “agito in buona fede nella convinzione di utilizzare somme” nella sua “personale disponibilità”, anche se aveva riconosciuto “che da un punto di vista di estetica istituzionale si trattò di operazione non elegante, ma comunque attuata in buona fede”. Il senatore aveva anche chiarito che, in caso di errore nell’interpretazione della norma, si dichiarava “disponibile a mettere a disposizione queste somme”. Romani è anche indagato a Bergamo per un’inchiesta per un presunto episodio di corruzione che riguarderebbe una tangente da 12mila euro

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