Dopo gli incontri e i contatti degli ultimi giorni, dai possibili componenti dell'asse 'tecnico' a quattro punte da mettere in campo contro il centrodestra, arrivano ancora dei no e dei distinguo. In costante stato di agitazione anche quella che dovrebbe essere la 'lista civica' dei sindaci, progetto al quale lavorano Beppe Sala e Luigi Di Maio
Le prossime elezioni sono “un tappone dolomitico tutto in salita, incredibilmente difficile e incredibilmente appassionante”. Enrico Letta prende in prestito il linguaggio del Giro d’Italia per spiegare la ‘fatica’ che il voto del 25 settembre porta con sé. La sfida è solo all’inizio e la ‘partita’ della definizione dell’alleanza elettorale “è tutt’altro che chiusa”. Il puzzle, al Nazareno ne sono consapevoli, è complicato. Dopo gli incontri e i contatti degli ultimi giorni, dai possibili componenti dell’asse ‘tecnico’ a quattro punte da mettere in campo contro il centrodestra, arrivano ancora veti e distinguo. “Sono impraticabili le alleanze con chi ha votato la caduta di Draghi o con chi non lo ha mai votato, come Fratoianni”, dice il leader di Azione, Carlo Calenda, che poi sottolinea: “Su questa cosa dei Cinque Stelle voglio andare fino in fondo per non trovarmi dopo le elezioni con un’alleanza che sarebbe una presa in giro”. La pensa diversamente Pierluigi Bersani, voce di Art.1, che ha già aderito alla lista dem ‘progressisti e democratici’. All’ex segretario dem non piacciono le “fatwe” contro il M5S: “Siamo di fronte a una destra che ha litigato per due anni ed è bastata una colazione per mettersi assieme. Noi non abbiamo fatto nemmeno un tentativo e credo che questo possa esserci rimproverato”, taglia corto. Una replica indiretta gli arriva dall’amico Gianni Cuperlo. “‘Perché non allearsi ancora con il M5S?’ La risposta è che aver fatto cadere questo governo non è un dettaglio, non ci sono solo errori materiali: spezzare un vincolo di senso ha consentito a questa destra di giocare una partita che non avrebbe dovuto poter giocare in questi termini e in questi tempi”, spiega. Poi, da far suo, tira in ballo i protagonisti della storia. “Noi – sottolinea – abbiamo fatto degli errori ma tra Filippo Turati e il generale Bava Beccaris abbiamo sempre saputo scegliere da che parte stare e stare dalla parte giusta della storia non è un dettaglio”.
In costante stato di agitazione anche quella che dovrebbe essere la ‘lista civica’ dei sindaci, progetto al quale lavorano Beppe Sala e Luigi Di Maio (e che dovrebbe approfittare del simbolo di Bruno Tabacci per evitare la ‘grana’ della raccolta firme, anche se ancora nulla è definito). Del ‘team’ dei sindaci dovrebbe far parte anche l’ex primo cittadino di Parma Federico Pizzarotti, che però per ora stoppa ogni rumors. “Troppe voci e ricostruzioni fantasiose sui giornali: non ho aderito a nessun progetto elettorale, vecchio o nuovo che sia. Sto lavorando per rendere possibile una mobilitazione ampia e diffusa delle liste civiche, degli amministratori locali e delle associazioni che oggi sentono il dovere dell’impegno – spiega – Non credete ai giornali che mi danno già arruolato e che questo o quello siano nella posizione di darmi dei posti”.

Il sindaco di Milano, pur avendo deciso di rimanere a Palazzo Marino fino a fine mandato, è della partita. “Voglio dare una mano per aiutare ad allargare il campo della mia parte politica. Non credo che le elezioni siano segnate come tanti dicono, è favorito il centrodestra. A mio avviso l’unico modo che ha il centrosinistra per uscirne bene è cercare di allargare il campo. Spero che nessuno ponga veti , perché non è il momento dei veti”, taglia corto. L’invito è a superare le ritrosie verso il ministro degli Esteri (ed è rivolto a Calenda), ma anche a non escludere a priori Matteo Renzi. Il leader di Iv dice la sua: “C’è qualcuno che mette il veto su di noi in coalizione, per antichi rancori personali. E va bene.
Chi fa questa scelta si assume una bella responsabilità in caso di sconfitta”, avverte. “Chi vuole costruire una coalizione vera, sui contenuti, sa dove trovarci. Chi pensa di comprarci con tre posti – aggiunge – non ci conosce. Saremo contro corrente, saremo fuori moda, saremo stravaganti. Ma siamo persone serie. Per noi fare politica significa chiedere un voto per portare avanti delle idee. Non nascondersi in una finta coalizione per recuperare una poltroncina di consolazione”.
Letta, intanto, continua il suo ruolo di “facilitatore” e chiarisce ancora una volta l’obiettivo. “Io non penso che ci saranno mesi e mesi prima che ci sia un Governo dopo le elezioni, perché questa legge una maggioranza la darà e un Governo ci sarà. Il risultato elettorale sarà chiaro e sarà sole o luna, non c’è una terza via”, insiste. Ecco perché la mobilitazione dem è partita: “Questa è la campagna elettorale più importante degli ultimi anni.
Stavolta è vero – si legge nell’appello rivolto ai volontari democratici – L’Italia rischia una deriva pericolosa sui temi che abbiamo più a cuore: i diritti e le libertà personali, il lavoro e la giustizia sociale, l’ambiente e la sostenibilità”.
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