Continuano a salire le preferenze indirizzate dal Parlamento al capo dello Stato uscente

Un bottino di preferenze in crescendo, che dalla prima votazione sono arrivate oggi a quota 125. Un segnale o forse meglio una suggestione, tuttavia i voti che il Parlamento sta indirizzando verso il capo dello Stato, Sergio Mattarella, non passano inosservati. Da 16 della prima ai 39 di ieri sera, fino ad oggi a quel centinaio sintomo di una trattativa tra i partiti allo stallo, ma anche di un gruppo di grandi elettori che vedono nell’inquilino del Colle la figura di riferimento e garanzia, difficile da trovare nella diversificata platea dei papabili, portata fino ad oggi.

E torna così in campo, sempre più forte tra i corridoi della politica l’ipotesi dei bis, più volte negato dallo stesso Mattarella. Dal Colle più alto di Roma, ambienti quirinalizi, confermano la fermezza del presidente sulla linea della contrarietà a una rielezione. A dimostrarlo il suo silenzio e anche il suo volersi occupare della vita che condurrà dal 3 febbraio in avanti. Mattarella è infatti impegnato ad arredare la sua nuova casa in zona Prati a Roma, molti mobili a cui è affezionato, sono stati traslocati dalla sua dimora di Palermo alla nuova abitazione. Insomma tutti piccoli messaggi che indicano un preciso percorso a cui il capo dello Stato non intende porre deviazioni.

Tuttavia l’agitazione nei corridoi della politica è palpabile e roventi sono i cellulari dei grandi elettori. Difficile che Mattarella cambi idea per una manciata di voti, diverso invece se ci fosse un coro unanime e convinto. Ipotesi lontana visto il no granitico di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, è il ragionamento. Che Partito democratico e M5S cavalchino questa opzione è risaputo, spiegano fonti parlamentari, “ma non si pensi che un capo dello Stato della sua caratura e col suo gradimento accetti una elezione a maggioranza semplice” quindi 505 voti. Le ipotesi impazzano, sui divanetti del Transatlantico, complice uno scenario politico nel caos, poche certezze e i partiti in ordine sparso. Anche l’elezione “a sua insaputa” entra nella girandola dei rumors di palazzo, con un unica certezza: “La quota deve essere alta, almeno 700 preferenze, affinché ci pensi”. Insomma quell’identikit disegnato nel suo discorso di fine anno sembra ricondurre sempre e solo a lui, soprattutto tra chi vorrebbe mantenere lo status quo (con Mario Draghi a palazzo Chigi) per garantire la stabilità e tenere la barra dritta almeno fino alle elezioni del 2023.

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