Gli ultimi rallentamenti alla chiusura del nuovo Statuto sono proprio il frutto della mediazione tra il leader in pectore e il garante

Quando ha accettato di guidare il M5S, Giuseppe Conte sapeva di dover superare un grande scoglio: convincere Beppe Grillo a fare un passo di lato. Gli ultimi rallentamenti alla chiusura del nuovo Statuto sono proprio il frutto della mediazione tra il leader in pectore e il garante, che sta provando a forzare la mano per evitare di avere un ruolo più ‘onorifico’, dunque marginale rispetto alla linea politica dei Cinquestelle. Non che il co-fondatore abbia necessità di un ruolo per influenzare la base pentastellata, anzi, da anni non è più in prima linea e appare quando le cose si fanno complicate, per poi sparire una volta riallineata la rotta. È più una questione di principio, anche “naturale”, come spiega qualche parlamentare della ‘vecchia guardia’: “Come si fa a dire a Beppe, che ha dato vita a questa creatura, insieme a Gianroberto (Casaleggio, ndr), di intervenire solo se chiamato in causa?”.

Impasse dovuta a ‘scudo legale’ per Grillo

Da fonti parlamentari, poi, arriva anche un’altra chiave di lettura. Ovvero, che l’impasse sia dovuta allo ‘scudo legale’ per Grillo, che fino a un paio d’anni fa era garantito dall’accordo con l’associazione Rousseau. La situazione, comunque, non appare drammatica, perché il rapporto tra i due leader resta abbastanza buono, nonostante Grillo sia rimasto con l’amaro in bocca quando Conte ha deciso di disertare l’incontro con l’ambasciatore cinese all’ultimo minuto. Per il resto, Conte è stato chiaro fin dal primo giorno: se deve metterci la faccia e indicare una strada, non può rischiare di essere costretto a cambiare idea per non alimentare uno scontro potenzialmente devastante. Grillo, infatti, conserva un potere, anche mediatico, non indifferente, nonostante i problemi familiari finiti in pubblica piazza e lo scivolone del video in difesa del figlio Ciro (accusato di stupro assieme ad altri 3 coetanei), che non è andato giù a un pezzo consistente delle truppe, ma anche dell’elettorato.

L’ex premier sembra disposto a trovare un compromesso che permetta al progetto di ‘rifondazione’ di prendere finalmente forma, dopo sei mesi di attesa. La stretta di mano avverrà di persona, con il faccia a faccia finale, in programma a Roma in queste ore. Ed è molto probabile che il garante si fermi nella Capitale per assistere alla convention che Conte e i suoi più stretti collaboratori stanno preparando come evento-lancio del ‘neo Movimento’, forse già la prossima settimana.

Una volta che la macchina sarà avviata, sarà solo questione di giorni prima che gli iscritti possano tornare a votare per il nuovo Statuto e, successivamente, per la scelta del leader. Una volta che tutte queste operazioni saranno completate, partirà la vera e propria campagna elettorale per le amministrative, primo, vero banco di prova per il M5S e la sua nuova guida. Conte, in contemporanea, riprenderà in mano i dossier del governo Draghi, al quale non concederà alcuno sconto. Qualcuno, al Senato soprattutto, spera fino al punto di sfilarsi dalla maggioranza, ma l’ala governista resta forte e difficilmente consentirà di uscire dall’esecutivo.

Una decisione così drastica rimetterebbe in discussione anche il dialogo con il Partito democratico e con un pezzo di Leu. Non Sinistra italiana, che già si è collocata all’opposizione. Di sicuro sarebbe il segnale che attende Alessandro Di Battista, deciso a protrarre il suo periodo di riflessione fino a settembre, prima di decidere se lanciarsi in un’avventura politica, magari assieme agli ex Cinquestelle e, forse, anche Davide Casaleggio. Ma in politica due mesi e mezzo sono un’era geologica: ci sarà il tempo per le valutazioni. Prima bisogna chiudere sulla struttura del M5S, poi verrà il resto.

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