Il premier incassa il sostegno del Parlamento sulla riforma
Assenze sospette, voti in dissenso, distinguo e polemiche. Alla fine, però, Giuseppe Conte incassa il sostegno delle Camere sulla riforma del Mes. Al Senato la maggioranza perde pezzi, ma resta autosufficiente. Quando è sera i voti favorevoli sono 156 e 129 quelli contrari, con quattro astenuti. Tra i pentastellati si esprimono contro il Governo Mattia Crucioli e Bianca Laura Granato, ma si contano ben nove assenze. Non arriva il soccorso di FI, fatta eccezione per Andrea Cangini e i tre senatori Udc che non partecipano al voto.
E’ lo stesso copione che va in scena in mattinata alla Camera. A Montecitorio i sì sono 314 e anche qui i dissidenti non mancano. Sono 13 i deputati di M5S che dicono ‘no’ alla risoluzione di maggioranza e 9 i pentastellati assenti. La fronda anti Mes è composta da Fabio Berardini, Pino Cabras, Andrea Colletti, Emanuela Corda, Jessica Costanzo, Carlo Ugo De Girolamo, Francesco Forciniti, Paolo Giuliodori, Mara Lapia, Alvise Maniero, Francesco Sapia, Arianna Spessotto e Andrea Vallascas. Il dissenso, emerso nei giorni scorsi attraverso una lettera allo stato maggiore grillino, adesso è lasciato agli atti: “Con questa riforma, nel 2022, la Bce si riterrà autorizzata a non acquistare titoli di Stato, e un governo tecnico si ritroverà a richiedere, a supplicare, il ricorso al Mes”, sentenzia Colletti. “Noi non stiamo sfiduciando il nostro presidente – mette le mani avanti Mapia – stiamo portando avanti il nostro programma elettorale”, con il Mes “portiamo in Italia una bomba pronta ad esplodere”. Vito Crimi non apprezza: “Le parole di Giuseppe Conte sono chiare e non lasciano alibi a chi ancora sostiene che dovremmo andare in Europa a porre il veto sulla modifica del trattato sul Mes”, taglia corto.
Dall’Italia, comunque, non arriverà nessun veto sulla riforma e Conte potrà confermare la linea espressa nel corso dell’ultimo vertice Ecofin da Roberto Gualtieri. Certo, di fronte alle Camere il premier strizza l’occhio al M5S: la struttura e le funzioni del Mes, ribadisce, devono “essere riconsiderate in modo radicale”, affinché “sia trasformato in uno strumento completamente diverso”. Sulla linea di credito da 37 miliardi, però, la partita è solo rinviata. Sarà il Parlamento a doversi esprimere. I pentastellati ribadiscono il loro “mai con noi al Governo”, ma Pd, Iv e FI restano in pressing. Nel recovery plan solo 9 miliardi sono vengono destinati alla sanità. Troppo pochi per il ministro della Salute Roberto Speranza e per il suo piano di rilancio del Servizio sanitario nazionale.
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