Ha lasciato lo Spallanzani di Roma il 17enne italiano, bloccato a lungo in Cina perché aveva la febbre. Sta bene. I morti salgono a 21, tutti anziani. Il commissario per l'emergenza Borrelli: "Avevano già gravi malattie: il virus è una conseguenza delle loro patologie"

Il 17enne Niccolò è stato dimesso dallo Spallanzani di Roma dove era ricoverato in quarantena. Il ragazzo era stato bloccato in Cina per la febbre, ma era poi risultato negativo al test del coronavirus. "E' contento, sono stati 14 giorni duri, ma sapevamo che era assistito e che sarebbe finita bene. Speriamo che lui torni alla sua vita normale. Proseguirà gli studi normalmente, appena rientrerà tornerà a fare i suoi studi", hanno detto ai cronisti i genitori

Crescono i contagi in Italia ma aumentano i guariti. I casi di coronavirus accertati nel Paese sono oltre 820, i morti 21 e le persone tornate in salute 46. Il capo della protezione civile, Angelo Borrelli, tampona i timori legati all'epidemia e spiega come anche i nuovi decessi riguardano "anziani" e il Covid "è una conseguenza", più che una causa, della morte: si tratta infatti di individui con patologie pregresse.

Nella Capitale trova conferma un caso di positività. "I test sono stati inviati all'Istituto superiore di sanità (Iss) per la convalida. Il nucleo famigliare del caso positivo è stato portato allo Spallanzani in sorveglianza attiva", rivela la direzione dell'Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani.

La Lombardia resta la più colpita, con 531 pazienti positivi, di cui 235 ricoverati e 85 in terapia intensiva. "Sono stati effettuati 4835 tamponi, il 75% è negativo e l'11% è positivo", illustra l'assessore al Welfare Giulio Gallera. Secondo una nota ufficiale della Regione, "ogni positivo ne contagia due" e "se la diffusione si estende, gli ospedali andranno in grave crisi non solo per i ricoveri da coronavirus ma per tutti i pazienti". L'Ente calcola che "nel 10% dei casi" il passaggio in rianimazione è di fatto obbligato.

In Emilia Romagna il numero degli infetti sale a 145, con un incremento di 30 casi in più dalla mattina alla sera di venerdì. In Veneto, con 133 casi, "non abbiamo crescite esponenziali", dichiara il governatore Luca Zaia. L'Umbria riscontra i primi due contagiati, non riconducibili a focolai locali: di recente uno dei due pazienti si è recato in Emilia Romagna mentre l'altro è venuto in contatto a Roma con un residente di Castiglione D'Adda, comune della Bassa lodigiana.

Numeri a parte, nell'ottavo giorno di emergenza, per i medici contenere i contagi resta il concetto chiave. "Non è il momento di abbassare la guardia o pensare di aver chiuso il problema", spiega il professore Massimo Galli, direttore di Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, tra le voci più autorevoli sull'argomento. "Dobbiamo ancora capire molte cose", osserva. Stando all'infettivologo "il virus è presente e circola sotto traccia nella zona rossa da un periodo piuttosto lungo come qualche settimana". L'ipotesi, dichiara, "è che sia sfuggito prima ancora che fossero state messe in atto le misure per le quali l'Italia è stata criticata, di limitazione dei voli dalla Cina". Ecco perché, afferma Galli, si è avuto un improvviso incremento di "pazienti fortemente sintomatici, che non sono frutto di qualcosa successo ieri o oggi, ma di un'incubazione di più giorni".

Buone notizie intanto per i trentadue astigiani ospiti nell'hotel di Alassio dove è stato registrato il primo caso ligure di coronavirus: rientreranno tutti a casa, in Piemonte, che conta una decina di contagi. Può riabbracciare la sua famiglia anche Niccolò, lo studente di 17 anni tornato dalla città di Wuhan il 15 febbraio con un trasporto dell'aereonautica militare Italiana: sarà dimesso dallo Spallanzani di Roma dopo aver completato il necessario periodo di quarantena. "Sta benissimo, è diventato il figlio di tutti", raccontano i genitori. Da lunedì riaprono i 5 uffici postali nella zona rossa a Codogno, Casalpusterlengo, Castiglione D'Adda, San Fiorano in provincia di Lodi e Vo' Euganeo, nel Padovano.

Mentre si cerca di tornare alla normalità, l'aumento dei guariti lascia spazio al tema riapertura delle scuole, al centro del dibattito tra istituzioni. "Si sta lavorando a un provvedimento generalizzato e condiviso con i presidenti di Regione in base a valutazioni tecnico-scientifiche. Non posso anticipare nulla perché nulla è definito, sabato avremo le risposte", dice Borrelli. I rettori delle università lombarde, dal canto loro, non nascondono forti perplessità e per "ragioni cautelative" hanno deciso di "sospendere le attività fino a sabato 7 marzo". Gli atenei sono chiusi da lunedì 24 febbraio, a seguito dell'ordinanza che le Regioni hanno firmato di concerto con il ministro della Salute, Roberto Speranza.

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