L'attività di prevenzione ha funzionato, visto che i 19 hanno deciso di tirare i remi in barca immediatamente
La classica tempesta nel bicchiere. Il dissenso annunciato via mail dai 19 deputati del Movimento 5 Stelle si affloscia nel giro di una notte. Perché alla fine della fiera, su 600 emendamenti presentati al decreto Sicurezza nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, la griffe pentastellata si scova soltanto su 5 di questi. Nessuno dei quali firmato dai parlamentari che lamentavano "una carenza di discussione interna" sul provvedimento del ministro dell'Interno.
Eppure, tutto lasciava presagire un nuovo terremoto nel Movimento, addirittura più largo (almeno numericamente) di quello scatenato dalle 'diserzioni' dei 5 senatori deferiti al collegio dei probiviri per non aver votato la fiducia al governo. Tanto che le similitudini con i casi De Falco, Nugnes, Fattori, Mantero e La Mura avevano creato un certo allarme nella stanza dei bottoni M5S. Infatti, prima il capogruppo a Montecitorio, e subito dopo il capo politico, erano intervenuti per soffocare la protesta interna. "Il decreto Sicurezza è già stato migliorato al Senato", ha chiuso la porta Francesco D'Uva. Mentre Luigi Di Maio era stato ancora più netto: "Mi aspetto lealtà al governo e alla maggioranza".
L'attività di prevenzione ha funzionato, visto che i 19 hanno deciso di tirare i remi in barca immediatamente. Anche se le avvisaglie del dietrofront c'erano tutte. Ad esempio Luigi Iovino, il più giovane parlamentare della 18esima legislatura, su Facebook si era affrettato a ribadire "il mio sostegno all'azione di governo e al nostro capo politico", precisando "di non aver sottoscritto alcun documento sul dl Sicurezza". La sua firma in calce alla mail, però, risultava sia al presidente del gruppo, sia ai capigruppo delle commissioni e i capiarea. Come quelle di Barzotti, Bruno, Cappellani, D'Ippolito, Deiana, Di Lauro, Ehm, Federico, Giannone, Giordano, Ricciardi, Sarli, Siragusa, Sportiello, Suriano, Termini, Traversi e Vizzini. Molti di loro sono stati descritti come molto vicini alle posizioni del presidente della Camera, Roberto Fico, da sempre fedele alla linea iniziale del M5S. I deputati che avevo di metter mano al decreto, invece, per età e ideologia, sarebbero molto più affini all'ex deputato Alessandro Di Battista. Anche per questo la marcia indietro appare anche più plausibile. Del resto Di Maio lo ha ribadito anche nelle ultime ore: "Come capo politico devo assicurare la lealtà del Movimento a questo governo, altrimenti, se ci rimangiamo in corso d'opera la parola data, poi non possiamo chiedere il rispetto degli accordi agli altri". Un messaggio diretto al 'socio' Matteo Salvini, che nel frattempo ha sempre mostrato serenità: "Il decreto Sicurezza passerà entro il 3 dicembre". L'accordo di governo regge ancora.
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