Il consigliere del Csm finito nella bufera: "Mio caso non sia pretesto per limitazione diritti toghe"
"Attacchi durissimi e reiterati"; "una pagina di forte aggressione alla mia identità umana e professionale"; "una inaccettabile manipolazione delle mie parole e del mio pensiero su uomini, attività e dinamiche delle istituzioni". Sono queste le parole con cui il consigliere del Csm Piergiorgio Morosini, intervenendo in plenum, descrive la bufera che lo ha investito dopo la pubblicazione di una sua intervista, poi smentita, su 'Il Foglio' nella quale prendeva posizione contro il referendum costituzionale di ottobre. Morosini si è detto "davvero sorpreso" degli interventi dei giorni scorsi, che non hanno "tenuto minimamente conto" delle parole "chiare sulla vicenda da me pronunciate nel plenum del 5 maggio", della "smentita netta e immediata" fatta dell'intervista. "D'altronde non occorreva andare lontano – ha sottolineato – per comprendere il mio reale e consueto modo di interpretare la via istituzionale". Il togato di Area ha quindi ricordato i suoi interventi sulla stampa in cui ribadiva l'importanza "delle alleanze istituzionali" per avere "buona giustizia" e le valutazioni "a volte critiche nei confronti di proposte legislative" e "altre volte favorevoli su materie cardine per il sistema giustizia, ma "mai preconcette e sempre motivate". "Una cosa che non potrei perdonarmi – ha sottolineato – è se da questo episodio incredibile derivasse l'occasione per discutere limitazioni dei diritti personali, non solo dei consiglieri superiori, ma di tutti i magistrati italiani".
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