Dopo la manifestazione delle Famiglie Arcobaleno e il Family Day, il ddl Cirinnà domani approda in Senato

Entra nel vivo domani in Senato la partita sulle unioni civili che però non vedrà il suo epilogo prima della metà di febbraio, data entro cui è atteso il voto finale. Alle 16,30 i senatori si esprimeranno sulle pregiudiziali di costituzionalità presentate da Gal, Ap e Forza Italia e sulle sospensive – di Gal e Area popolare (Ncd-Udc) -. Il primo voto di domani dà il via a una prova dall'esito non scontato per il governo. Prima, ci furono già due casi clamorosi in cui gli esecutivi sperimentarono il terreno scivoloso dei diritti civili: il governo Prodi con i Dico nel 2007 e Berlusconi con i DiDoRe, proposti nel 2008 proprio da Renato Brunetta che oggi dice 'no' "all'imbroglio" del disegno di legge Cirinnà. Il doppio naufragio dei provvedimenti è storia nota.

Che il tema, da decenni, scaldi gli italiani più di altre questioni sensibili come il lavoro, lo dimostrano le due piazze di segno opposto mobilitate sabato 23 e 30 gennaio: centinaia di migliaia di persone schierate agli antipodi, da un lato le Famiglie Arcobaleno e dall'altro il Family Day. In mezzo, ci sta la politica fatta di compromessi e di scelte. Domani forse si conoscerà su quali emendamenti il Pd lascerà libertà di coscienza ai suoi senatori, dopo che la scorsa settimana il capogruppo Luigi Zanda ha precisato che il gruppo Pd "non ha alcun interesse a voti segreti" né vi è libertà di voto sulle pregiudiziali di costituzionalità.

Insomma, dal Pd nessuno sgambetto al disegno di legge Cirinnà. Al massimo qualche correzione "migliorativa" all'articolo 5 che prevede la dibattuta stepchild adoption.  Sul tavolo ci sono in particolare due proposte di modifica: quella presentata dal senatore Giuseppe Lumia e quella dei senatori Andrea Marcucci e Giorgio Pagliari. Nel primo caso si specifica che non c'è nessun automatismo nell'adozione per le coppie gay come per le eterosessuali. In un altro punto si chiarisce che il giudice si muove nei parametri dell'articolo 57 sulle adozioni, prevedendo quindi che l'adozione "realizzi il preminente interesse del minore". Le altre proposte di modifica prevedono invece, a vario titolo, un biennio di preadozione oppure la dichiarazione da parte del genitore che fa domanda che il figlio non è nato da pratiche vietate come quella dell'utero in affitto.

L'adozione del figlio del partner per le coppie gay è il perno attorno a cui ruota il tourbillon che agita la maggioranza in questi giorni.
Se infatti modificare il testo edulcorandolo significa assicurarsi il voto dei cattolici dem, finora molto scettici se non sul piede di guerra, la scelta potrebbe nello stesso tempo far perdere il sostegno di Sel e del M5S così come dei senatori Pd laici. A intorbidare le acque ha contribuito oggi anche Area Popolare che con Rocco Buttiglione, vicecapogruppo vicario di Ap alla Camera, fa sapere che "esiste un'ampia maggioranza che vuole le unioni civili e non vuole le adozioni gay" e più esplicitamente afferma che "se non c'è l'adozione gay, noi questo ddl lo votiamo".

Mentre di contro, Forza Italia ci mette il carico da novanta con Deborah Bergamini che parla di "un accordo già siglato tra Pd e M5S per l'approvazione del ddl Cirinnà senza modifiche sostanziali" e di un relativo cambio di maggioranza che non può restare senza conseguenze per il governo.  Sì, perché anche se Matteo Renzi ha concesso il voto di coscienza su alcune parti e il leader di Ncd Angelino Alfano ha più volte ribadito che il voto sulle unioni civili non c'entra con la tenuta del governo e con il patto interno alla maggioranza, l'opposizione ha buon gioco a fornire questa lettura dei fatti. Così, nel caso il l'esecutivo – o meglio, Renzi – porti a casa le unioni civili, dovrà vedersela con le accuse di un cambio di maggioranza. Se invece, il progetto sui diritti civili dovesse naufragare, il Pd di governo ne perderebbe in credibilità con il proprio elettorato e sarebbe una vittoria esplicita per il centrodestra.

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