di Donatella Di Nitto

Roma, 1 ott. (LaPresse) – L’aula del Senato dà il via libera all’articolo 1 della riforma costituzionale. Protagonista di questo primo traguardo raggiunto dalla maggioranza è Roberto Cociancich, autore dell’emendamento che, riscrivendo l’articolo 1 del ddl Boschi, è riuscito a spazzare via tutti gli emendamenti dichiarati ammissibili dal presidente Grasso e a mettere a riparo la maggioranza dal segreto dell’urna.

In sostanza la norma tanto contestata, soprattutto questa mattina, era identica al testo dell’emendamento della maggioranza e di altre norme a firma dell’opposizione. Un concetto che esprimeva quindi un accordo quasi bipartisan su come e quali funzioni del Senato andavano ripristinate dopo le modifiche restrittive del passaggio alla Camera.

Ma l’emendamento Finocchiaro dietro di sè portava troppe insidie, tra cui appunto la possibilità di sgambetti o incidenti da parte di franchi tiratori con i 19 voti segreti. E, soprattutto, non avrebbe risolto il problema della mole di emendamenti comunque in discussione, benché Grasso avesse già dichiarato ‘irricevibili’ i 72 milioni di Roberto Calderoli.

Con la norma Cociancich è stato invece scovato il ‘piano perfetto’: oggi l’articolo 1 è stato approvato con 172 sì, 108 no e 3 astenuti. Compatta la maggioranza a cui sono comunque andati in soccorso il gruppo verdiniano di Ala e anche Gal, qualche ex M5S (Luis Alberto Orellana e Alessandra Bencini; Lorenzo Battista; Maurizio Romani) e Manuela Repetti e Sandro Bondi del Misto.

Unica nota dolente, per il Nazareno, i tre dissidenti, Walter Tocci, Corradino Mineo e Felice Casson, che hanno votato in dissenso dal gruppo Pd al Senato, per la terza volta. Tocci conferma il suo ‘no’ palese alla riforma, mentre Mineo e Casson si astengono, voto che a Palazzo Madama vale come un contrario.

Il primo articolo però non viene approvato senza polemiche e soprattutto senza proteste. Ad alzare la voce per prima la Lega Nord con Roberto Calderoli, che a inizio seduta ha chiesto la verifica della firma autografa di Roberto Cociancich. “Io voglio sapere – ha spiegato il leghista – chi ce lo ha portato e voglio vedere se la firma è a prova di perizia calligrafica”.

Richiesta negata dalla presidenza. Pietro Grasso ha spiegato: “Fino a prova contraria, ovvero fino a che il firmatario stesso non disconosca la propria firma”. La risposta non piace all’aula, con le opposizioni che chiedono in coro che sia lo stesso autore dell’emendamento a illustrare il testo, a conferma che la firma sia la sua. Silenzio dai banchi del Pd dell’ex capo scout di Matteo Renzi.

La bagarre in aula scatta quando Lucio Barani dichiara che il suo gruppo voterà l’articolo 1 benché sia all’opposizione. E’ allora che la Lega Nord comincia a sventolare banconote rivolgendosi ai banchi dove siedono i senatori verdiniani. Immediata la risposta del capogruppo Barani: “Contrariamente a quanto volgarmente sostenuto dai senatori della Lega Nord nei miei confronti, io un lavoro ce l’ho ed è anche ben remunerato. Li invito, pertanto, a tenersi ben strette le banconote che hanno sventolato nell’Aula del Senato, perché in futuro quei soldi serviranno certamente più a loro che a me”.

L’altro show è opera del Movimento 5 Stelle che ad approvazione dell’articolo 1 avvenuta pone sui banchi una foto della ministra Boschi con scritto ‘Bella ciao’: “la democrazia è finita” ha affermato Vito Crimi.

Archiviato l’articolo 1, l’aula del Senato in serata comincia a votare il 2. Ieri, il presidente Grasso ha sciolto la riserva chiarendo che “all’articolo 2 sono state apportate modificazioni al solo comma 5” e dichiarando “ammissibili soltanto emendamenti soppressivi o modificativi di tale comma”. In sintesi la parte sull’elezione diretta dei futuri senatori non potrà essere toccata. Anche così, però, lo spettro del voto segreto dovrebbe palesarsi in sei scrutini.

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