Roma, 4 ago. (LaPresse) – “Non voglio certo rimettere in piedi l’immunità per i parlamentari, ma bisogna prendere atto di una realtà. L’autorizzazione all’arresto ormai ha cambiato pelle, è diventata un anticipazione di giudizio di colpevolezza o di innocenza, comunque una valutazione politica. Quindi, forse, è arrivato il tempo di riflettere su come ristrutturarla”. Ad affermarlo, in un intervista a ‘la Repubblica’, è il ministro della Giustizia Andrea Orlando, convinto che si tratti di un “tema di discussione, ma non certo da affrontare adesso nel pacchetto riforme perché le rallenterebbe”. “Non voglio cambiare le regole dell’immunità, né tantomeno aumentare le protezioni parlamentari. L’attuale meccanismo è giusto e fondato”, precisa tuttavia il numero uno del dicastero, all’indomani del caso Azzollini: “Ma credo sia opportuno cambiare chi ne valuta i presupposti. É una complessa questione di metodo. Per una ragione molto semplice: bisogna evitare che le iniziative della magistratura possano ledere l’autonoma valutazione del Parlamento”.
La soluzione? “Semplicemente credo sia meglio rimettere il giudizio a un soggetto terzo, che sia più libero di dire dei sì e dei no e sia meno sottoposto alla contingenza – sostiene il ministro Orlando -. Sicuramente a un soggetto estremamente autorevole. Penso alla Corte costituzionale. Un soggetto che non si trovi, come adesso il Parlamento, sotto la pressione mediatica di essere sottoposto comunque a una scelta politica”. Non è esclusa l’ipotesi che possa trattarsi anche della Consulta: “Considerata la sua autonomia certo, nessuno potrebbe dire che sta decidendo sotto la spinta di un’ondata mediatiche”.
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