di Giuseppe G. Colombo
Roma, 8 giu. (LaPresse) – Un sostegno ai redditi più bassi che, al di là della “ricetta” da scegliere, “deve costituire una priorità” perchè “il tempo è scaduto”. Dal palco della presentazione del rapporto sullo Stato sociale 2015 all’università ‘La Sapienza‘ è la presidente della Camera, Laura Boldrini, a rilanciare il tema dell’introduzione del reddito minimo in Italia. “Bisogna agire”, esorta Boldrini perchè, spiega, “fino a che non daremo un sostegno alle fasce più vulnerabili della popolazione, le diseguaglianze aumenteranno”. Al di là della definizione specifica alla presidente di Montecitorio preme sottolineare l’urgenza di una misura che aiuti le fasce più deboli: “Nel nostro Paese – incalza – la diseguaglianza fra le classi sociali, dagli anni ’80 ad oggi, è cresciuta del 33% contro una media Ocse del 12%: il triplo, quindi, e il 53% degli italiani resta inchiodato al suo ceto di origine”.
“Questo – sottolinea – vuol dire che non c’è mobilità, che l’ascensore sociale è fermo”. Sulla stessa lunghezza d’onda è il segretario generale della Fiom-Cgil e fondatore del movimento Coesione sociale, Maurizio Landini: “Il reddito minimo – afferma – è una delle riforme che il nostro Paese deve fare”. Per il leader delle tute blu della Cgil “un reddito minimo va introdotto come tutela universale, non in sostituzione al lavoro, e deve essere a carico della fiscalità generale”. Altra cosa, spiega, è il salario minimo che secondo Landini deve essere inserito all’interno dei contratti nazionali da “difendere”. Il dibattito sul reddito minimo in Italia prosegue anche se le iniziative legislative sono di fatto ancora ferme. La minoranza del Pd ha annunciato la presentazione in Senato di un provvedimento che ricalca la proposta di legge depositata nel 2013 alla Camera: l’obiettivo è quello di dare risposta a 16 milioni di poveri.
L’orientamento per le coperture va nella direzione di uno stanziamento iniziale, per il primo anno, di un miliardo di euro mentre a regime di miliardi ne servirebbero sette. Le fonti da cui recuperare le risorse necessarie sono state individuate nella lotta all’evasione fiscale e in una maggiore tassazione dei giochi online. Il Movimento 5 Stelle propone ‘istituzione di un reddito di cittadinanza: un sostegno di 600 euro netti mensili che per il M5S “non è un’elemosina” come gli 80 euro, ma “un diritto del cittadino”. Per finanziarlo servono 17 miliardi di euro, che i pentastellati individuano in oltre 15 voci di copertura, dal taglio delle spese militari alla decurtazione delle consulenze nella Pa. Il tema del reddito minimo anima anche il dibattito a livello europeo: negli ultimi anni si è parlato dell’ipotesi di dare vita a un sussidio europeo di disoccupazione all’interno dell’Unione economica e monetaria. Il sussidio dovrebbe corrispondere all’80% dello stipendio medio nazionale e al 50% di quanto si percepiva da occupati: la durata sarebbe limitata a 12 mesi.
Sul fronte delle coperture, il sussidio sarebbe finanziato da tasse pagate dai lavoratori e dai datori di lavoro raccolte attraverso le amministrazioni nazionali e gli Stati sarebbero liberi di destinare ulteriori risorse per rendere il sussidio più sostanzioso.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata