Di Nadia Pietrafitta

Bruxelles (Belgio), 12 feb. (La Presse) – C’è un fronte ‘caldo’ ad Est, e ce n’è uno a Sud. L’Europa non può più ignorarne l’esistenza dopo la nuova tragedia di Lampedusa. Matteo Renzi parla chiaro ai 28 Capi di Stato e di Governo. Triton non è abbastanza, e anche se “l’Italia è pronta a fare la sua parte” e a fare “di più” l’emergenza Libia deve essere una “priorità” dell’intera Europa, al pari di quella che ha riunito a Minsk per oltre 16 ore Angela Merkel, Francois Holland, Vladimir Putin e Petro Poroshenko. “Non hanno senso le polemiche e le strumentalizzazioni di talune forze politiche – scandisce Renzi in mattinata parlando anche a Roma – dobbiamo risolvere il problema Libia per evitare che le persone muoiano e che il Mediterraneo diventi un cimitero”.

L’emergenza Libia, sottolinea dopo aver incontrato i 28 Capi di Stato e di Governo, non è più “solo un’emergenza italiana ed europea, ma internazionale. Al tavolo ho detto che è giusto che ci sia l’Italia, per la quale quello libico è un problema da risolvere con determinazione e con un impegno ulteriore, ma che quanto accaduto con Bernardino Leon (inviato dell’Onu in Libia, ndr) dimostra che serve una leadership delle Nazioni Unite e che ci deve essere un tentativo più forte”. Alla base del ragionamento che Renzi condivide con i leader del Vecchio continente c’è quello che il premier considera il senso stesso dell’Europa, quei valori di identità e integrazione – da contrapporre alla paura – che hanno riunito sotto braccio i leader per le strade di Parigi dopo la strage di Charlie Hebdo. In questo quadro, guardando ai conti e ai bilanci, è ‘il verso’ di tutto il Continente che deve cambiare, non solo quella di Atene.

“Non dobbiamo cambiare la politica economica della Grecia – sottolinea, zaino in spalla, ancor prima di entrare nella sede del Consiglio europeo – la nostra battaglia è cambiare la politica economica dell’Europa”. “È la sfida più bella e più grande” è la sottolineatura, ma “con un po’ di buonsenso e tanta buona volontà” può essere vinta, a partire dalle conquiste fatte sulla strada della flessibilità, con il Quantitative easing e con il piano investimenti varato da Juncker. Dal vertice, intanto, arriva qualche speranza per Atene. Un bilaterale tra Alexis Tsipras e il presidente dell’Eurogruppo Jereon Dijsselbloem serve a siglare un’intesa di metodo che ha il sapore di un possibile accordo politico: a partire da domani ripartiranno gli incontri a livello tecnico e le trattative tra il Governo greco e le ‘istituzioni’ Ue (sparisce la parola ‘troika’) per trovare un compromesso tra il programma degli aiuti ad Atene valido fino al 28 febbraio e il programma promosso da Tsipras e compagni.

Angela Merkel apre a un possibile compromesso, accogliendo il premier greco alla sua prima a Justus Lipsius (rigorosamente senza cravatta) con una calorosa stretta di mano e un sorriso che non tradisce imbarazzi. In tarda serata, nonostante la stanchezza che deriva dalla faticosa trattativa di minsk,è a Renzi che la cancelliera dedica il suo ultimo saluto. “Ciao Matteo – scandisce in un italiano quasi perfetto – arrivederci”. La “battaglia più difficile”, del resto, è solo all’inizio.

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