Di Donatella Di Nitto
Roma, 14 gen. (LaPresse) – Quindici giorni per completare la platea per grandi elettori per eleggere il successore di Giorgio Napolitano e per trovare quella convergenza politica e partitica il più ampia possibile, come più volte au spicato dallo stesso capo dello Stato.
Con le dimissioni, formalizzate oggi dal capo dello Stato ai due presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, si apre ufficialmente la corsa al Colle. Una procedura studiata dal presidente dimissionario nei minimi particolari e costituzionalmente consentita, come ha precisato lo stesso Napolitano nel corso del suo discorso di fine anno. Lo stesso capo dello Stato infatti anticipò le sue dimissioni anche nel 2013, una sorta di cortesia istituzionale per accelerare l’elezione del successore al Quirinale. A partire da oggi quindi si dovrà procedere all’individuazione dei delegati regionali per raggiungere il numero di 1008 grandi elettori, che molto probabilmente già a partire dal 29 gennaio si riuniranno in seduta comune del Parlamento per eleggere il nuovo inquilino del Quirinale. In questi quindici giorni sarà il presidente del Senato, Pietro Grasso, che oggi lascerà l’assemblea nelle mani di Valeria Fedeli (vicaria per il maggior numero di voti ottenuti il giorno del la sua elezione a vicepresidente di palazzo Madama) a fare da supplente in mancanza del presidente della Repubblica, trasferendosi nell’ufficio al secondo piano di palazzo Giustiniani.
Al quarto piano invece è stato allestita la stanza che utilizzerà Napolitano come presidente emerito, la stessa che fu di Oscar Luigi Scalfaro, a pochi metri da quella di Carlo Azeglio Ciampi. Per le prime tre votazioni del Parlamento in seduta comune è richiesta la maggioranza qualificata dei due terzi dell’Assemblea (pari a 672 voti) mentre dal quarto si scende a 505, ovvero la maggioranza assoluta. Eletto il nuovo presidente della Repubblica, Napolitano salirà nuovamente al Quirinale per l’ultima volta e per il passaggio di consegne con il suo successore, che avrà già giurato davanti alla nazione. Il nuovo capo dello Stato quindi riceverà le dimissioni del presidente del Consiglio che, secondo quanto recita la Costituzione, deve essere nominato dal presidente d ella Repubblica. Anche qui si tratta di ‘dimissioni di cortesia’, regolarmente respinte dal capo dello Stato.
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