Di Donatella Di Nitto

Roma, 14 gen. (LaPresse) – Duro, quasi schiacciante, e nello stesso tempo tanto umano nei suoi numerosi momenti di commozione. Così sarà ricordato il secondo discorso di insediamento di Giorgio Napolitano alla Nazione. Circa trenta pagine, tutte evidentemente rivolte al Parlamento e ai suoi componenti, che coraggiosamente hanno applaudito mentre il presidente rieletto li costringeva ad una sonora tirata d’orecchie. Tre le standing ovation per Napolitano e 30 volte sono risuonati gli applausi. Il più caloroso, quello quando il capo dello Stato si è commosso ricordando la prima volta in cui è stato eletto “permettete che ve lo dica uno che entrò qui da deputato all’età di 28 anni e portò giorno per giorno la sua pietra allo sviluppo della vita politica democratica”.

Tanti anni in politica, un settennato segnato dalla crisi economica, politica e sociale. La voglia e il desiderio di staccare la spina e godersi la vecchiaia, ma al richiamo unanime delle forze politiche Napolitano non ha potuto dire di no: “Per quanto potesse costarmi, ho ritenuto di non poter declinare l’appello, mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del Paese”. Non lo dice apertamente ma tra le righe si legge la possibilità che questo sia un mandato a termine: “Manterrò il mio secondo mandato fino a quando la situazione del paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno”. Un sacrificio, vista l’età avanzata, che non dovrà essere vano. Il dodicesimo presidente della Repubblica italiana infatti avverte: “Se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese”.

Ecco allora i moniti lanciati in un’aula della Camera che quasi si aspettava le bacchettate sulle mani: “A 56 giorni dalle elezioni del 24-25 febbraio si deve senza indugio procedere alla formazione dell’esecutivo” senza correre “dietro alle formule o alle definizioni di cui si chiacchiera”. Alla base della disaffezione del Paese nei confronti della politica “contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento”.

“Imperdonabile – ha sottolineato il presidente – resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005”.

Napolitano non si esime però dal confermare a senatori, deputati e delegati delle Regioni la sua vicinanza e la sua presenza assicurando: “Non vi mancherà il mio incitamento e il mio augurio”.

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