Roma, 5 apr. (LaPresse) – Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha concesso la grazia al colonnello dell’Air Force One Joseph Romano, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d’Appello di Milano del 15 dicembre 2010, divenuta irrevocabile il 19 settembre 2012 nell’ambito della vicenda Abu Omar, l’imam rapito nel 2005. La decisione, spiega il Quirinale, è stata presa dopo aver acquisito la documentazione relativa alla domanda avanzata dal difensore di Romano, Cesare Graziano Bulgheroni, le osservazioni contrarie del Procuratore generale di Milano e il parere “non ostativo” del ministro della Giustizia.

Concedendo la grazia al colonnello Joseph Romano il presidente della Repubblica “nel rispetto delle pronunce della Autorità giudiziaria ha inteso dare soluzione a una vicenda considerata dagli Stati Uniti senza precedenti per l’aspetto della condanna di un militare statunitense della Nato per fatti commessi sul territorio italiano, ritenuti legittimi in base ai provvedimenti adottati dopo gli attentati alle Torri Gemelle di New York dall’allora presidente e dal Congresso americani”. Lo rende noto il Quirinale. “L’esercizio del potere di clemenza – si legge nel comunicato della presidenza della Repubblica – ha così ovviato a una situazione di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico, con il quale intercorrono rapporti di alleanza e dunque di stretta cooperazione in funzione dei comuni obiettivi di promozione della democrazia e di tutela della sicurezza”.

La decisione del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, di concedere la grazia al generale americano Graziano Romano, secondo quanto fa sapere il Quirinale, ha tenuto conto di due elementi. Il primo riguarda l’agire del presidente statunitense Barack Obama, che subito dopo la sua elezione, “ha posto fine a un approccio alle sfide della sicurezza nazionale, legato ad un preciso e tragico momento storico e concretatosi in pratiche ritenute dall’Italia e dalla Unione Europea non compatibili con i principi fondamentali di uno Stato di diritto”.

“D’altra parte – si legge nel comunicato del Colle – della peculiarità del momento storico dà conto la stessa sentenza della Cassazione che, pur escludendo che il Romano, come gli altri imputati americani, potesse beneficiare della causa di giustificazione dell’avere obbedito all’ordine delle Autorità statunitensi, ha però ricordato ‘il dramma dell’abbattimento delle torri gemelle a New York e il clima di paura e preoccupazione che rapidamente si diffuse in tutto il mondo’; e ha evidenziato ‘la consapevolezza che ben presto maturò di reagire energicamente a quanto accaduto e di individuare gli strumenti più idonei per debellare il terrorismo internazionale e quello di matrice islamica in particolare’, consapevolezza alla quale conseguì l’adozione da parte degli Stati Uniti di ‘drastici’ provvedimenti”.

In secondo luogo Napolitano ha tenuto conto della “mutata situazione normativa”, introdotta dal decreto del presidente della Repubblica dell’11 marzo 2013 (che ha adeguato al codice di procedura penale del 1988 le modalità e i termini per l’esercizio da parte del Ministro della Giustizia della rinuncia alla giurisdizione italiana sui reati commessi da militari Nato), “consentendo – spiega il Quirinale – tale manifestazione di volontà in ogni stato e grado del giudizio. In particolare, il sopravvenire di tale nuova disciplina costituisce sicuramente un fatto nuovo e rilevante il quale avrebbe fatto emergere un contesto giuridico diverso, più favorevole – nel presupposto della tempestività della rinuncia – all’imputato”.

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