Roma, 10 gen. (LaPresse) – “La richiesta di rinvio a giudizio della procura è attesa, conclude percorso iniziato anni fa dalla procura. Ci sono gli elementi per un processo pubblico, quindi, e ora gli italiani potranno vedere cosa si può in un’aula di giustizia per fare chiarezza su quel periodo. Peccato che la politica, in questi 20 anni non abbia fatto chiarezza su quel periodo”. Così l’ex pm di Palermo, Antonio Ingroia, candidato premier con la lista Rivoluzione civile, intervistato a RepubblicaTv, commenta l’odierna la richiesta della procura di Palermo di rinviare a giudizio 11 persone per la presunta trattativa tra Stato e Mafia tra 1992 e 1993. Gli accusati sono: i mafiosi Bagarella, Riina, Brusca e Cinà; i politici Mannino, Dell’Utri e Mancino; gli ufficiali dei carabinieri Mori, Subranni e De Donno; il figlio dell’ex sindaco di Palermo Massimo Ciancimino; stralciata la posizione del boss Bernardo Provenzano poiché incapace di stare in giudizio. “Sulla quella questione c’è un grumo irrisolto – aggiunge Ingroia – ma dalla sua nascita, lo Stato italiano non e mai andato in guerra contro la guerra. Questa trattativa però è la più terribile, perché avviene a cavallo delle stragi”. L’oggetto della trattativa, sostiene Ingroia “non era il 41 bis, ma il sistema che ha consentito alla mafia di andare avanti fino al nuovo millennio”. Sulla relazione della commissione antimafia presentata ieri, Ingroia è lapidario: “Hanno pensato solo ad auto-assolversi”.

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