Roma, 9 gen. (LaPresse) – Ci fu una trattativa tra lo Stato e la mafia, ma mai a livelli di vertice, soltanto tra chi non aveva il potere di decidere. E’ il quadro offerto il presidente della commissione antimafia, Giuseppe Pisanu, nelle sue comunicazioni finali sui grandi delitti e le stragi di mafia del ’92-’93. “Possiamo dire – spiega Pisanu – che ci fu almeno una trattativa tra uomini dello Stato privi di un mandato politico e uomini di Cosa nostra divisi tra loro e quindi privi anche loro di un mandato univoco e sovrano”.

Tuttavia, sottolinea, “i vertici istituzionali e politici del tempo, dal presidente della Repubblica Scalfaro ai presidenti del Consiglio Amato e Ciampi, hanno sempre affermato di non aver mai neppure sentito parlare di trattativa. Penso che non possiamo mettere in dubbio la loro parola e la loro fedeltà a Costituzione e a Stato di diritto”.

“Ci furono tra le due parti convergenze tattiche, ma strategie divergenti – precisa Pisanu – i carabinieri del Ros volevano far cessare le stragi, i mafiosi volevano svilupparle fino a piegare lo Stato”. “La trattativa Mori-Ciancimino partì molto probabilmente come un’ardita operazione investigativa che, cammin facendo, uscì dal suo alveo naturale. Ne uscì, forse, per imprudenza dei carabinieri e ancor di più per ambizione di Vito Ciancimino”.

“Ciancimino, infatti – prosegue Pisanu – aveva tutto l’interesse ad elevare i primi contatti al rango di vero e proprio negoziato tra Stato e mafia, col proposito di porsi come intermediario e trarre vantaggi personali dall’una e dall’altra parte. Per questo richiese con insistenza interlocuzioni politico-istituzionali che però non ottenne”.

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