Roma, 22 ott. (LaPresse) – L’ultima immagine di Alfonso Papa è quella del deputato in piedi tra i banchi del Pdl, che chiede all’assemblea di Montecitorio giustizia perché innocente da ogni accusa avanzata dalla Procura di Napoli. Dopo tre mesi di detenzione nel carcere di Poggioreale mercoledì 26 ottobre, giorno della prima udienza del processo sullo scandalo della P4, l’ex magistrato siederà davanti al presidente Vincenzo Lomonte nell’aula della prima sezione penale del Tribunale di Napoli. Fino a quel ci si dovrà affidare alle constatazione dei suoi legali, Giuseppe D’Alise e Luigi Di Casola, “il deputato è depresso e versa in condizioni psico-fisiche molto gravi”, e a quanto riferito dai parlamentari che fino a oggi lo hanno visitato in carcere: “Papa è dimagrito 18 chili, fuma 50 sigarette al giorno e ha la barba lunga”.
Anche lunedì prossimo una delegazione del Pdl, guidato da Luigi Vitali e Amedeo Labocetta, sarà nella prigione napoletana anche per verificare le condizioni generali nell’istituto penitenziario. Le condizioni di salute di Papa hanno spinto i difensori del deputato a chiedere la scarcerazione, per due volte negata dal giudice per le indagini preliminari. Mercoledì in aula il deputato ci sarà a differenza di Luigi Bisignani, anche lui indagato nell’inchiesta P4. Dall’altra parte dell’aula di giustizia i pm John Henry Woodcock e Francesco Curcio, gli ‘aguzzini’ che avrebbero fatto pressioni, secondo quanto sostenuto in una lettera che Papa ha inviato a Silvano Moffa (Popolo e territorio), affinché il deputato rivelasse il presunto coinvolgimento del premier Silvio Berlusconi.
I legali difensori annunciano per mercoledì novità importanti dal punto di vista procedurale. Non si esclude infatti un rinvio per accertare la competenza del collegio giudicante, che secondo gli avvocati si sono “accaniti nei confronti del parlamentare”. Sulla stessa linea l’iniziativa parlamentare di Maurizio Paniz ed Enrico Costa del Pdl che hanno presentato in giunta per le Autorizzazioni della Camera una richiesta di revoca del ‘sì’ all’arresto pronunciato a luglio dall’aula. Secondo i deputato “sarebbe sopraggiunto un fumus persecutionis non rilevato in precedenza”.
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