Italia sott’acqua al 2100, a rischio Venezia e Cagliari

Italia sott’acqua al 2100, a rischio Venezia e Cagliari

Il nuovo rapporto ‘Paesaggi sommersi’ della Società geografica italiana mostra le mappe dei territori costieri trasformati dalla crisi climatica. Il pericolo è di perdere fino a quasi la metà delle spiagge in 70 anni.

Italia sempre più esposta agli effetti dei cambiamenti climatici. Il mare sommergerà alcune delle sue coste in una settantina d’anni. E, al 2100 potrebbero finire sott’acqua Venezia e Cagliari. Il nuovo rapporto ‘Paesaggi sommersi’ della Società geografica italiana (Sgi) – presentato a Palazzetto Mattei a Roma – scatta delle istantanee alle mappe dei territori costieri italiani così come saranno trasformati dalla crisi climatica.

Duri colpi che l’Italia potrebbe pagare caro: il nostro Paese rischia infatti “di perdere circa il 20% e il 45% delle proprie spiagge al 2050 e al 2100, con punte più elevate in Sardegna, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Campania“.

I fattori sono diversi: innalzamento del livello dei mari, rischi di inondazioni temporanee o permanenti, erosione, pressione demografica e urbanistica. In base agli scenari più attendibili nel 2100 saranno diverse le aree sotto il livello del mare. I territori più a rischio sono l’Alto Adriatico, la costa pugliese intorno al Gargano, diversi tratti della costa tirrenica tra la Toscana e la Campania, le aree di Cagliari e Oristano.

In pericolo sono anche la metà delle infrastrutture portuali, diversi aeroporti, più del 10% delle superfici agricole, buona parte delle paludi, delle lagune e le zone costiere cosiddette anfibie, a cominciare dal delta del Po e dalla laguna di Venezia.

La fascia costiera “non è solo la zona in Italia con la maggior percentuale di suolo artificiale e urbanizzato, ma è anche un’area dove il consumo di suolo prosegue incessante. Questo nonostante diverse norme e politiche abbiano tentato di impedire nuove costruzioni nelle zone limitrofe alle coste. Norme quasi interamente inapplicate non solo per via dell’abusivismo, ma anche per il ruolo preponderante” del turismo.

La crisi climatica – viene spiegato – avrà “un impatto enorme sulle aree agricole costiere con un’accelerazione dei processi di salinizzazione che imporranno pesanti strategie di adattamento e sui litorali urbanizzati”. Secondo stime inedite sono “800mila le persone che vivono in territori sotto il livello del mare atteso (ovvero il livello al 2100) e che rischiano processi di ricollocazione, o che dovranno essere protetti da difese costiere artificiali sempre più pervasive”.

La fascia costiera – concludono gli esperti, Stefano Soriani dell’università Ca’ Foscari Venezia e Filippo Celata dell’università di Roma Sapienza – è stata trasformata “in una linea di costa fragile“, e il rischio non riguarda soltanto “la perdita di spiagge o l’inondazione dei litorali di costa bassa, urbanizzati o meno ma una sempre più pervasiva artificializzazione con profonde implicazioni paesaggistiche e di aggravamento della vulnerabilità. L’unica alternativa è fare il contrario di quanto fatto fin qui: rinaturalizzare i litorali per sfruttare la loro capacità di adattamento”.

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