Analisi del Wwf sui rifiuti tessili dedicata all'impatto ambientale delle scelte dei consumatori in corsa per gli sconti

Si compra, si mette per poco, e poi si butta. Che sia un vestito, un paio di scarpe o un maglione, con l’arrivo del Black Friday il Wwf, con un’analisi ad hoc, mette in guardia sull’impatto ambientale dei rifiuti tessili derivanti dalle scelte dei consumatori presi, come sono, dalla corsa “consumistica” degli sconti di fine novembre.

Diminuisce tempo utilizzo vestiti

Negli ultimi 20 anni – osserva infatti il Wwf – “il tempo di utilizzo dei vestiti è diminuito del 36%, con ogni capo utilizzato in media solo sette o otto volte”. In Europa – avverte l’associazione del Panda – finiscono nel ‘cestino’ “5 milioni di tonnellate di indumenti all’anno, 12 kg a persona che finiscono negli inceneritori e nelle discariche; e si stima che ne venga riciclato soltanto l’1%“.

‘Il Pianeta non fa sconti’

“Il Pianeta non fa sconti – osserva il Wwf – il Black Friday ci espone continuamente a offerte di prodotti in saldo; l’impatto delle loro scelte negli acquisti, che apparentemente fanno risparmiare, fanno pagare un caro prezzo alla natura e alla nostra salute“. Perché? “Dietro il costo molto basso di quel capo – viene spiegato – si nascondono l’utilizzo di materie prime di bassa qualità e additivi chimici, elevate emissioni di gas serra, l’utilizzo e lo spreco di risorse come suolo e acqua e l’inquinamento delle falde e degli ecosistemi, ma anche lo sfruttamento di lavoratori che spesso vivono dall’altro capo del mondo”.

L’uso delle materie prime

Per produrre i capi di abbigliamento, le calzature e i tessili per la casa acquistati dalle famiglie europee “vengono utilizzate circa 175 milioni di tonnellate di materie prime primarie, pari a 391 chili ad abitante, di cui il 40% è attribuibile ai vestiti. Questi dati classificano i tessili come il quinto maggiore settore di consumo in Europa in termini di utilizzo di materie prime primarie“. L’industria tessile è “al quarto posto per l’impatto ambientale, dopo la produzione alimentare, l’edilizia e la mobilità”. La produzione dei tessili richiede “anche grandi estensioni di terreno: ogni anno sono necessari 180mila chilometri quadrati, di cui solo l’8% in Europa. Oltre il 90% del consumo di suolo avviene al di fuori, soprattutto in Cina e India”. Il settore tessile diventa così “il terzo maggiore utilizzatore di suolo, dopo la produzione alimentare e il settore abitativo”; scorporando il totale a persona, “il consumo di tessili richiede 400 metri quadrati di terreno, 9 metri cubi di acqua, 392 chili di materie prime e l’emissione di 270 kg di CO2“.

I consigli del Wwf

Ma il Wwf ricorda che “esistono tanti i modi in cui è possibile ridurre l’impatto sul Pianeta, anche nel settore tessile. In fase di progettazione dei capi, per esempio, un’attenta selezione della qualità dei materiali aumenta la resistenza e la solidità del colore, garantendone la durata e la riparabilità dei tessuti, quindi la loro longevità. Il passaggio a un modello di business sostenibile, che ottimizzi l’uso delle risorse è oggi più che mai necessario, insieme all’aumento del riutilizzo e riciclo dei materiali. Anche i consumatori possono fare la loro parte acquistando il giusto”. Questo Natale per esempio il Wwf ha lanciato conservation collection, “la nuova linea di maglioni sciarpe e cappelli in lana 100% riciclata e sostenibile (realizzata in collaborazione con Rifò), dedicata a quattro specie iconiche, come tigre, panda, elefante e tartaruga marina.

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