Ucraina, accordo Ue sui fondi a Kiev. Addio agli asset russi, arriva un prestito da 90 miliardi

Ucraina, accordo Ue sui fondi a Kiev. Addio agli asset russi, arriva un prestito da 90 miliardi
Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, Bruxelles, 6 marzo 2025 (AP Photo/Omar Havana, File)

Resta la decisione di mantenere i beni di Mosca immobilizzati a tempo indeterminato, rendendoli anche possibile oggetto di negoziato

Alla fine il tavolo è stato ribaltato. I leader al Consiglio europeo hanno accantonato la proposta del prestito all’Ucraina basato sugli asset russi e approvato un prestito di 90 miliardi per i prossimi due anni garantito dal bilancio europeo, ovvero dal debito comune. Alle 3 di notte, dopo estenuanti trattative, si era capito che l’opzione di usare i 185 miliardi di titoli della Banca centrale russa depositati in Belgio non era la via più sicura.

Oltre alla contrarietà del Belgio, che aveva chiesto garanzie illimitate nel tempo e nella quantità e che fino all’ultimo non si è sentito sufficientemente tutelato da possibili ritorsioni russe sulle proprie aziende e ricadute economiche per le rivalse contro la società depositaria Euroclear, erano diversi gli Stati, tra cui l’Italia, attraversati dagli stessi timori.

Le due opzioni

La Commissione aveva proposto le due opzioni, la prima del prestito di riparazione sugli asset russi, e la seconda sul bilancio europeo. Di fatto sia Palazzo Berlaymont che un blocco di paesi guidati dalla Germania avevano solo spinto la discussione sulla soluzione degli asset, caparbiamente da circa due mesi, dal vertice di ottobre e ben prima che venissero presentate le proposte legislative, sostenendo che per il prestito sarebbe servita l’unanimità e che l’Ungheria non l’avrebbe mai approvato. In realtà, dietro al veto degli euroscettici si celava quello dei frugali, contrari a qualsiasi forma di debito.

Il piano B sostenuto dall’Italia

Nella notte, di fronte all’impasse sull’uso dei beni russi, spunta il piano B sul bilancio, sostenuto dall’Italia. La svolta arriva quando anche i paesi di Visegrad, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, decidono di appoggiarla chiedendo l’opt-out sulle garanzie, ovvero la possibilità, grazie al meccanismo della cooperazione rafforzata, di non dover partecipare alle garanzie. “Abbiamo chiesto che, se loro vogliono salire su questo treno e noi non vogliamo comprare il biglietto, non ci venga imposto di salirci. Qui questo si chiama opt-out, esenzione. E così ne siamo rimasti fuori”, ha dichiarato il premier ungherese, Viktor Orban.

Di fatto è la sconfitta della linea del cancelliere tedesco Friedrich Merz e di Ursula von der Leyen che gli era andata dietro. La premier Giorgia Meloni può invece dirsi “soddisfatta” del risultato del vertice: “Sono contenta che abbia prevalso il buon senso, che si sia riusciti a garantire le risorse che sono necessarie ma a farlo con una soluzione e una base solida sul piano giuridico e finanziario”, ha rimarcato. Così come del rinvio della firma del Mercosur dal 20 dicembre a gennaio, come aveva richiesto, per poter approvare e spiegare nuove salvaguardie per gli agricoltori nostrani.

Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, esce con il trofeo di aver ottenuto un nuovo cruciale sostegno all’Ucraina che evita a Kiev di rimanere senza risorse nella prossima primavera. “Con urgenza, erogheremo un prestito garantito dal bilancio dell’Unione Europea – ha annunciato -. L’Ucraina rimborserà questo prestito solo dopo che la Russia avrà pagato le riparazioni”.

Asset russi immobilizzati a tempo indeterminato

Nel frattempo, alla Commissione è stato chiesto di continuare a lavorare sul prestito di riparazione basato sui beni immobilizzati russi per futuri utilizzi, ma è ormai chiaro che quel dossier sia finito su un binario morto. Resta tuttavia la decisione di mantenere gli asset immobilizzati a tempo indeterminato, rendendoli anche possibile oggetto di negoziato.

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