Non si arrestano gli attacchi di Israele su Gaza. All’alba di martedì 26 agosto, un nuovo raid ha colpito la Striscia provocando la morte di decine di palestinesi. Solo ieri 20 persone, tra cui cinque giornalisti, sono state uccise durante un’offensiva a Khan Younis. Le agenzie di stampa AP e Reuters hanno inviato una lettera ai funzionari israeliani chiedendo chiare spiegazioni e “un’immediata e trasparente assunzione di responsabilità”. Nel pomeriggio nel gabinetto di guerra del governo Netanyahu non si è parlato di tregua ma dopo una giornata di proteste in tutto il paese in serata a Tel Aviv circa 350 mila persone hanno chiesto al premier di raggiungere un accordo per la liberazione degli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza
Decine di migliaia di israeliani si sono riuniti nella zona della piazza del Museo di Tel Aviv, ribattezzata ‘Piazza degli Ostaggi’, per una manifestazione in cui si chiede a gran voce il ritorno degli israeliani trattenuti a Gaza. Lo riportano i media israeliani. Secondo gli organizzatori, la manifestazione ha coinvolto circa 350.000 persone. In precedenza sono stati effettuati blocchi delle principali autostrade, marce dirette alle abitazioni dei ministri e proteste davanti all’ufficio del Primo Ministro Netanyahu, mentre era in corso la riunione del gabinetto di sicurezza.
Si è conclusa la riunione del gabinetto di sicurezza israeliano, senza discutere il cessate il fuoco di 60 giorni e l’accordo per il rilascio degli ostaggi concordato con Hamas. Lo riferiscono i media in lingua ebraica. La riunione, riporta Channel 12, è durata meno di tre ore e non ha previsto un voto formale. L’incontro era stato anticipato in modo che i ministri potessero partecipare a un evento serale a Gerusalemme organizzato dal Consiglio Regionale di Benyamin in Cisgiordania. Secondo Ynet, le discussioni hanno riguardato un aggiornamento sulla situazione regionale e la Striscia di Gaza non era specificamente all’ordine del giorno.
“La lotta contro l’antisemitismo non può essere oggetto di strumentalizzazione e non può alimentare alcun disaccordo tra Israele e Francia”. È quanto ha scritto il presidente francese Emmanuel Macron in una lettera di risposta a quella del premier israeliano Benjamin Netanyahu in cui quest’ultimo esprimeva la sua preoccupazione per “l’allarmante aumento dell’antisemitismo in Francia“. “La protezione dei nostri compatrioti ebrei contro l’ascesa dell’antisemitismo è stata, fin dal primo giorno, una priorità assoluta delle mie azioni”, si legge nella lettera di Macron, pubblicata da ‘Le Monde’. “Questa responsabilità ricade sulla Francia e tutti i servizi governativi vi sono impegnati”, ha spiegato. Queste accuse “sono inaccettabili e offendono tutta la Francia“, ha dichiarato Macron, invitando “solennemente” il premier israeliano “a porre fine alla corsa mortale e illegale verso una guerra permanente a Gaza, che espone il vostro Paese all’umiliazione e il vostro popolo a un vicolo cieco, e a fermare la ricolonizzazione illegale e ingiustificata della Cisgiordania“.
Sei dei circa 20 palestinesi uccisi ieri nell’attacco delle forze israeliane all’ospedale Nasser di Khan Younis “erano terroristi di Hamas“. Lo ha dichiarato l’Idf in merito all’indagine preliminare aperta sul raid, come riporta Jerusalem Post. Secondo l’esercito israeliano, uno dei sei miliziani di Hamas uccisi era coinvolto anche nell’attacco del 7 ottobre.
L’esercito israeliano afferma che il suo attacco all’ospedale Nasser di Khan Younis, che ha ucciso 20 persone, tra cui cinque giornalisti, era rivolto a quella che i funzionari militari ritenevano fosse una telecamera di sorveglianza di Hamas, oltre che a persone identificate come militanti. La dichiarazione è stata rilasciata dall’Idf come parte della sua indagine preliminare sull’attacco. Secondo i militari, i colpi consecutivi all’ospedale più grande del sud di Gaza sono stati ordinati perché i soldati ritenevano che i militanti stessero usando la telecamera per osservare le forze israeliane e perché Israele ha da tempo il sospetto che Hamas e altri gruppi armati siano presenti negli ospedali.
Centinaia di manifestanti stanno marciando verso l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu a Gerusalemme, dove si sta attualmente svolgendo la riunione del gabinetto di sicurezza, e chiedono il rilascio completo degli ostaggi e un accordo di cessate il fuoco. Lo riporta Times of Israel. In testa alla manifestazione, i membri del movimento giovanile socialista Hashomer Hatzair tengono uno striscione con la scritta ‘Siamo a un passo da un siluramento completo’, riferendosi ai timori che il governo possa affossare un potenziale accordo per la presa di ostaggi. La polizia ha circondato i dimostranti e ha bloccato la strada in una direzione per consentire al corteo di procedere. “Prima di tutto, prima di tutto, le vite umane prima di tutto“, intonano i manifestanti mentre marciano lungo la strada, accusando Netanyahu e i suoi alleati di “abbandonare gli ostaggi“.
Decine di manifestanti stanno bloccando la Route 1 e la Route 6, due delle principali autostrade del centro di Israele, nei pressi dell’incrocio di Daniel, dove le due strade si incontrano. Lo riporta Times of Israel. I blocchi fanno parte di una giornata nazionale di protesta volta a fare pressione sul governo affinché negozi un accordo per il rilascio dei 50 ostaggi israeliani detenuti da Hamas a Gaza. Secondo Haaretz, le autostrade tra Gerusalemme, Tel Aviv e altre grandi città sono al momento bloccate in entrambe le direzioni, con manifestanti che bruciano pneumatici in tre diversi punti delle strade. Sulla Route 6, i dimostranti hanno srotolato un enorme striscione che recita: “Porre fine alla guerra, riportare tutti a casa”. Le proteste a sostegno degli ostaggi si svolgono per tutta la giornata e, in precedenza, gruppi di manifestanti avevano già bloccato importanti arterie stradali. In serata, migliaia di persone sono attese davanti alla stazione ferroviaria Savidor di Tel Aviv per poi marciare fino a Hostages Square, la piazza degli ostaggi, chiedendo un accordo per riportare a casa tutti gli ostaggi detenuti da Hamas e porre fine alla guerra a Gaza.

Una lettera pubblica firmata oggi da 209 ex ambasciatori dell’Unione Europea, alti funzionari diplomatici e ambasciatori di Stati membri dell’Ue chiede un’azione urgente sulla guerra di Israele a Gaza e sulle azioni illegali in Cisgiordania. La lettera, riporta il Guardian, afferma che, se l’Ue “non agirà collettivamente, gli Stati membri devono adottare misure individualmente o in piccoli gruppi per sostenere i diritti umani e far rispettare il diritto internazionale, indicando nove possibili approcci”. Tra questi, si legge, “figurano la sospensione delle licenze di esportazione di armi, il divieto di commercio di beni e servizi con insediamenti illegali e il divieto per i data center europei di ricevere, conservare o elaborare dati provenienti da fonti governative o commerciali israeliane se relativi alla ‘presenza e alle attività di Israele a Gaza e altrove nei territori occupati’”. I firmatari includono 110 ex ambasciatori, 25 ex direttori generali e due dei più alti diplomatici dell’Ue: Alain Le Roy, ex segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna, e Carlo Trojan, ex segretario generale della Commissione Europea. “C’è grande sgomento all’interno delle istituzioni, le persone dicono basta,” ha detto Kuhn von Burgsdorff, ex rappresentante dell’Ue nei territori palestinesi e membro di un gruppo di coordinamento composto da sei ex diplomatici che hanno avviato l’iniziativa a metà luglio.“Non possiamo restare paralizzati se i 27 (Stati membri) non riescono ad agire, questo tradirebbe i nostri valori. Abbiamo quindi proposto nove azioni che possono essere intraprese a livello statale o da gruppi di Stati”, ha spiegato.

“A Gaza la situazione resta orribile. Troppe vittime innocenti. Gli ostaggi non sono ancora stati rilasciati. Troppi bambini stanno pagando le conseguenze. Ieri altri giornalisti sono stati uccisi. Questa situazione è intollerabile. Vogliamo che le uccisioni cessino. Che la sofferenza finisca. Che gli ostaggi vengano rilasciati. Non possiamo essere indifferenti. Lo dobbiamo questo a tutte le generazioni future. Per aiutare a porre fine a questo ciclo di guerra perpetua. E questo è possibile”. Lo afferma la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, nel suo intervento al Meeting di Rimini.
“L’uccisione di cinque giornalisti, quattro operatori sanitari e diversi civili a Gaza ieri da parte di un attacco israeliano che ha preso di mira l’ospedale Nasser, causando almeno 20 vittime, è del tutto inaccettabile. I civili e i giornalisti devono essere protetti dal diritto internazionale”. Lo afferma il portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri, Anouar El Anouni, nel briefing quotidiano con la stampa. “Ci sono state troppe vittime in questo conflitto. Deve finire ora. I civili di Gaza soffrono da troppo tempo e troppo, ed è tempo di porre fine al ciclo di violenza e sofferenza. Ribadiamo il nostro appello a Israele affinché rispetti il diritto internazionale umanitario e garantisca che questi attacchi siano oggetto di indagini, prendendo atto della dichiarazione delle autorità israeliane secondo cui verrà condotta un’indagine approfondita“, aggiunge.
L’Egitto sta rafforzando le sue forze lungo il confine condiviso con Gaza in vista dell’offensiva pianificata dall’Idf per occupare Gaza City, a causa del timore che l’evacuazione di massa dei palestinesi dal nord della Striscia di Gaza verso sud possa portare al caos lungo il confine. Lo riportano media arabi e ebraici, citati dal Times of Israel.Quasi un milione di civili, ovvero quasi la metà della popolazione della Striscia, risiedono a Gaza City, molti dei quali hanno iniziato a evacuare verso sud in previsione dell’offensiva israeliana, sebbene non siano ancora stati emessi avvisi ufficiali di evacuazione. I funzionari egiziani temono che questa evacuazione di massa degli abitanti di Gaza City possa indurre i palestinesi a fuggire oltre confine verso l’Egitto. Pertanto, i media in lingua araba affermano che circa 40.000 soldati egiziani sono ora schierati nella zona settentrionale del Sinai, pronti a presidiare il confine di 12 chilometri che lo separa dalla Striscia di Gaza.

Sono almeno 75 i palestinesi uccisi negli attacchi di Israele a Gaza nelle ultime 24 ore e 17 di loro erano in cerca di aiuti umanitari. È quanto riferisce il ministero della Sanità di Gaza nel suo aggiornamento quotidiano del bilancio delle vittime, aggiungendo che nelle ultime 24 ore sono 370 le persone rimaste ferite nella Striscia. Questo porta il bilancio complessivo dall’inizio della guerra a 62.819 morti e 158.629 feriti. Inoltre il ministero riferisce che sono 2.140 le persone uccise nella Striscia mentre erano in cerca di aiuti umanitari dal 27 maggio, data in cui è stato introdotto il meccanismo di distribuzione degli aiuti gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf).
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, convocherà il suo Gabinetto di sicurezza per le 16 locali, le 15 in Italia, per discutere di Gaza e degli sforzi per raggiungere un accordo sugli ostaggi. Lo riferisce al Times of Israel il suo ufficio, che non ha voluto rivelare se Netanyahu solleverà la questione del cessate il fuoco e della proposta di rilascio graduale degli ostaggi che Hamas ha dichiarato di aver accettato la scorsa settimana. Nei giorni successivi all’annuncio di Hamas, Netanyahu aveva dichiarato di aver incaricato la squadra negoziale israeliana di riprendere i colloqui per raggiungere un accordo globale che garantisca il rilascio di tutti gli ostaggi e ponga fine alla guerra secondo i termini di Israele, ribadendo al contempo il suo impegno a favore del piano approvato dal Gabinetto per prendere il controllo di Gaza City. Secondo il Times of Israel, sarebbero in corso trattative sulla sede del prossimo round di colloqui, mentre la data e la composizione della delegazione israeliana sono ancora da definire.
A Gaza prosegue l’attività della parrocchia della Sacra Famiglia, nonostante gli attacchi israeliani. L’intenzione della Chiesa è quella di non abbandonare i civili. “Lasciare Gaza City e cercare di fuggire verso sud sarebbe una condanna a morte. Per questo motivo, il clero e le suore hanno deciso di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che saranno nei complessi”, hanno scritto in una nota congiunta il patriarca di Gerusalemme dei Latini, cardinale Pierbattista Pizzaballa, e il patriarca greco-ordotosso Teofilo III.

“Al momento non riteniamo che siano soddisfatte le condizioni per il riconoscimento dello Stato palestinese”. Lo ha detto il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, durante la conferenza stampa congiunta con il premier canadese Mark Carney. Merz ha dichiarato che la Germania non aderirà all’iniziativa per riconoscere lo Stato palestinese all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del mese prossimo. “La posizione del governo federale è chiara, per quanto riguarda il possibile riconoscimento dello Stato di Palestina. Non aderiremo a questa iniziativa. Non riteniamo che i requisiti siano soddisfatti”, ha spiegato Merz.

“E’ inaccettabile quel che sta accadendo a Gaza. I giornalisti devono poter lavorare senza rischiare la vita ogni giorno”. Lo ha affermato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ospite a Radio Anch’io su Radio1 Rai in merito all’uccisioni ieri di altri 5 giornalisti nell’attacco dell’esercito israeliano all’ospedale di Khan Younis nella Striscia di Gaza.
Sono 27 i palestinesi uccisi dall’alba di oggi in raid aerei israeliani su diverse zone della Striscia di Gaza. Lo riferisce Al-Jazeera, citando fonti ospedaliere.
Il ministero della Sanità di Gaza riferisce che nelle ultime 24 ore sono morte altre 3 persone “a causa di carestia e malnutrizione”, nella Striscia, precisando che erano “tutti adulti” e che questo fa salire il bilancio complessivo dei morti per malnutrizione dall’inizio della guerra a 303, di cui 117 bambini.

“Israele dovrebbe cessare immediatamente le operazioni militari a Gaza, realizzare al più presto un cessate il fuoco completo e duraturo, ripristinare pienamente l’accesso agli aiuti umanitari, prevenire una crisi umanitaria ancora più grave e allentare le tensioni il prima possibile”. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri cinese, Guo Jiakun, come riporta il Global Times. “Siamo sconvolti e condanniamo ancora una volta la tragica morte di operatori sanitari e giornalisti nel conflitto. Piangiamo i defunti ed esprimiamo le nostre condoglianze alle famiglie in lutto”, ha detto inoltre rispondendo a una domanda sull’attacco israeliano di ieri sull’ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, che ha provocato almeno 20 morti fra cui 5 giornalisti.
“Siamo sconvolti e condanniamo ancora una volta la tragica morte di operatori sanitari e giornalisti nel conflitto. Piangiamo i defunti ed esprimiamo le nostre condoglianze alle famiglie in lutto”. Così il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Guo Jiakun, rispondendo a una domanda sull’attacco israeliano di ieri sull’ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, che ha provocato 20 morti fra cui 5 giornalisti.
Nelle ultime ore sono continuati i bombardamenti nei pressi della parrocchia cattolica di Gaza. Lo comunica il parroco, padre Gabriel Romanelli, postando alcuni video su Facebook. Padre Romanelli spiega che “ieri i bombardamenti” si sono verificati “tra i 400 e i 1000 metri a sud della parrocchia”.
Giornata di proteste in Israele per chiedere di riportare a casa gli ostaggi. Nell’ambito delle contestazioni organizzate dal Forum dei familiari degli ostaggi, da stamattina i manifestanti hanno bloccato diverse strade nel Paese. Il traffico è stato bloccato dai dimostranti sull’autostrada Ayalon di Tel Aviv e anche la Route 2, nota come ‘Coastal Highway’, è stata chiusa all’altezza della Yakum Junction a nord di Tel Aviv. La polizia – riporta il Times of Israel – ha successivamente comunicato che tutte le strade sono state poi riaperte al traffico. Intanto diversi manifestanti si sono raccolti davanti alle abitazioni di diversi ministri del governo di Benjamin Netanyahu per chiedere un accordo che porti al rilascio degli ostaggi e alla fine dei combattimenti a Gaza. La giornata di proteste si è aperta alle 6.29 ora locale (le 5.29 in Italia), orario in cui il 7 ottobre del 2023 Hamas lanciò il suo attacco nel sud di Israele, con un’azione davanti all’ambasciata Usa a Tel Aviv, dove i dimostranti hanno srotolato una bandiera Usa. Poi, alle 7 locali,m sono iniziati i blocchi stradali. Marce sono attese in tutto il Paese a partire dalle 14 ora locale.
E’ di almeno 20 morti il bilancio degli attacchi dell’Esercito israeliano (Idf) a Gaza dall’alba di oggi. Lo riporta l’emittente Al Jazeera citando fonti mediche. Tra le vittime ci sono sette persone rimaste uccise in un’abitazione di Gaza City e sei persone, tra cui diversi bambini – che si trovavano in una tenda vicino a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza.
Associated Press e Reuters hanno inviato una lettera ai funzionari israeliani in merito agli attacchi all’ospedale Nasser di Khan Younis: “Egregio Primo Ministro Benjamin Netanyahu, Ministro della Difesa Israel Katz, Capo di Stato Maggiore Generale Tenente Generale Eyal Zamir, Ministro degli Esteri Gideon Saar e Direttore dell’Ufficio Stampa del Governo Nitzan Chen – scrivono le agenzie di stampa -: Scriviamo per chiedere una spiegazione chiara degli attacchi aerei che hanno colpito l’ospedale Nasser di Khan Younis il 25 agosto 2025, uccidendo diversi giornalisti, tra cui quelli che lavoravano per Associated Press e Reuters. I giornalisti freelance Mariam Dagga e Moaz Abu Taha avevano lavorato rispettivamente per AP e Reuters, così come per altre testate durante la guerra. Il cameraman Hussam al-Masri era un collaboratore esterno di Reuters. Il fotografo Hatem Khaled, anch’egli collaboratore esterno di Reuters, è rimasto ferito. Siamo indignati per il fatto che giornalisti indipendenti siano stati tra le vittime di questo attacco all’ospedale, un luogo protetto dal diritto internazionale. Questi giornalisti erano presenti nell’esercizio della loro professione, svolgendo un lavoro fondamentale e testimoniando. Il loro lavoro è particolarmente vitale alla luce del divieto imposto da Israele, che dura da quasi due anni, all’ingresso di giornalisti stranieri a Gaza”, prosegue la lettera. “Le Forze di Difesa Israeliane hanno ammesso di aver condotto gli attacchi e hanno dichiarato di star indagando. In una dichiarazione, l’IDF ha affermato di ‘non prendere di mira i giornalisti in quanto tali’. Purtroppo, abbiamo riscontrato che la volontà e la capacità dell’IDF di indagare autonomamente su incidenti passati raramente si traducono in chiarezza e azioni concrete, sollevando seri interrogativi, tra cui se Israele stia deliberatamente prendendo di mira le trasmissioni in diretta per sopprimere informazioni. Ci auguriamo che questa indagine sia rapida, approfondita e fornisca risposte chiare. Queste morti richiedono un’immediata e trasparente assunzione di responsabilità”.
I parenti degli ostaggi si sono riuniti in Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv per rilasciare una dichiarazione alla stampa all’inizio di una giornata nazionale di proteste per il rilascio dei loro cari. Lo riporta il sito The Times of Israel. Einav Zangauker, la madre dell’ostaggio Matan Zangauker, accusa che dopo 690 giorni di guerra “senza un obiettivo chiaro”, è diventato evidente che il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha “paura di una cosa: la pressione pubblica”. Il suo governo, afferma, “ha attaccato i sopravvissuti alla prigionia e le famiglie degli ostaggi, il tutto nel tentativo di ridurli al silenzio”. L’accusa arriva dopo che Hamas ha dichiarato la scorsa settimana di aver accettato un accordo per il rilascio di metà degli ostaggi – riporta The Times of Israel -, mentre si avviavano i colloqui per porre fine alla guerra e liberare il resto. Netanyahu ha affermato, tuttavia, che Israele accetterà solo un accordo che preveda il rilascio di tutti gli ostaggi contemporaneamente, e si è mosso per approvare i piani per un’offensiva volta a conquistare Gaza City.