La designazione di un Paese terzo come “Paese di origine sicuro” deve poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo. Lo stabilisce la Corte di giustizia dell’Unione europea in un’attesa sentenza che riguarda il protocollo Italia-Albania per esternalizzare le procedure di frontiera nei Cpr.
Cosa dice la Corte Ue
Ogni Stato Ue può quindi decidere quali Paesi inserire nel proprio elenco tramite un atto legislativo, ma questa scelta deve poter essere sottoposta al vaglio effettivo dei giudici nazionali. Non solo. Le fonti di informazione su cui si fonda devono essere accessibili sia ai richiedenti sia ai tribunali.
Quando un Paese può essere considerato sicuro
Per i magistrati del Lussemburgo poi, un Paese può essere considerato sicuro solo se offre una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione. Secondo la Corte, fino al 12 giugno 2026, giorno di entrata in vigore del nuovo regolamento Ue, che consente di prevedere eccezioni e destinato a sostituire l’attuale direttiva, non può essere considerato “sicuro” un Paese terzo che non soddisfi, per alcune categorie di persone, le condizioni sostanziali di questa designazione.
Il caso di due cittadini del Bangladesh
La pronuncia della Corte Ue arriva dopo il ricorso al tribunale di Roma di due cittadini del Bangladesh – Paese designato come sicuro dall’Italia – soccorsi e portati dalle autorità italiane in un Centro di permanenza e rimpatrio (Cpr) in Albania, dove hanno presentato domanda di protezione internazionale. La richiesta, esaminata quindi dalle autorità italiane secondo la procedura accelerata di frontiera, è stata respinta in quanto infondata, con la motivazione che il loro Stato d’origine fosse considerato “sicuro”.
A questo punto i due hanno impugnato la decisione davanti al tribunale di Roma, che si è rivolto alla Corte di giustizia per chiarire l’applicazione del concetto di Paese di origine sicuro e gli obblighi degli Stati membri in materia di controllo giurisdizionale effettivo.
Secondo il tribunale di Roma, l’atto legislativo dell’ottobre 2024 con cui il governo italiano aveva inserito nell’elenco Paesi come Bangladesh ed Egitto, non precisa le fonti di informazione sulle quali si è valutata la sicurezza del Paese. Pertanto, sia il richiedente sia l’autorità giudiziaria non avrebbero la possibilità di contestare e controllare la legittimità della presunzione di sicurezza, esaminando in particolare l’affidabilità, la pertinenza, e l’esaustività delle fonti. Con la sua pronuncia la Corte Ue chiarisce quindi sull’interpretazione del diritto dell’Unione ma non risolve la controversia interna, competenza che invece spetta al giudice nazionale.

