Hossein Salami, chi era il capo dei Pasdaran ucciso da Israele in Iran

Hossein Salami, chi era il capo dei Pasdaran ucciso da Israele in Iran
Hossein Salami, il capo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane ucciso negli attacchi di Israele tra giovedì e venerdì

Il generale, 65 anni, era il leader delle Guardie rivoluzionarie, uno degli apparati più potenti e influenti della Repubblica Islamica

Teheran ha confermato la morte del generale Hossein Salami, comandante in capo delle Guardie rivoluzionarie, durante i bombardamenti israeliani contro obiettivi strategici in Iran. Nei raid sono morti anche il capo di Stato maggiore Mohammad Bagheri e il consigliere politico dell’ayatollah Ali Khamenei, Ali Shamkhani. In particolare, la scomparsa di Salami, figura chiave dell’establishment militare iraniano, rappresenta un duro colpo per la leadership della Repubblica Islamica.

Hossein Salami, figura chiave

Il generale, 65 anni, era a capo di uno degli apparati più potenti e influenti dell’Iran, nonché figura simbolo dell’espressione militare più aggressiva nella regione. Hossein Salami era stato nominato al vertice dei Pasdaran nel 2019 dalla Guida suprema, Ali Khamenei, in un momento di forte crisi con gli Stati Uniti, segnata dal ritiro unilaterale di Washington dall’accordo sul nucleare iraniano deciso dal presidente Donald Trump durante il suo primo mandato e dalla successiva imposizione di nuove sanzioni. L’incarico arrivò anche dopo la controversa designazione delle Guardie come organizzazione terroristica da parte degli Stati Uniti. Salami aveva aderito al corpo militare all’inizio della sanguinosa guerra Iran-Iraq negli anni ’80. In seguito era salito ai vertici dell’aeronautica delle Guardie e, prima della promozione a comandante generale, ricopriva il ruolo di vicecomandante.

L’uomo delle minacce a Israele e Stati Uniti

Salami era noto per la sua retorica infuocata contro Israele e gli Stati Uniti. In un discorso del 2016, aveva parlato di “terreno fertile per l’annientamento e il crollo del regime sionista”. Dopo l’uccisione del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds, da parte degli Stati Uniti nel 2020, Salami aveva minacciato dure ritorsioni contro i vertici militari americani e israeliani. A cinque giorni dall’eliminazione di Soleimani, l’Iran lanciò una salva di missili balistici contro due basi militari irachene che ospitavano truppe statunitensi, causando decine di feriti ma nessuna vittima. Salami aveva allora avvertito: “Se minacciano i nostri comandanti, nessuno dei loro comandanti potrà sentirsi al sicuro”.

Le guardie rivoluzionarie

Istituite nel 1979 dopo la Rivoluzione islamica, le Guardie rivoluzionarie si sono trasformate da corpo paramilitare interno a strumento di proiezione del potere iraniano nel Medioriente. Operano parallelamente alle forze armate regolari e controllano l’arsenale di missili balistici del Paese. La Forza Quds, il loro braccio operativo all’estero, è responsabile del sostegno ai gruppi armati alleati dell’Iran in Siria, Libano, Iraq e Yemen. Durante la guerra tra Israele e Hamas, le Guardie hanno lanciato due attacchi diretti contro Israele con missili balistici.

Il precedente attacco e la vendetta promessa

Lo scorso anno, in risposta al raid israeliano che aveva ucciso sette membri delle Guardie – tra cui due generali – all’interno del consolato iraniano a Damasco, Salami aveva ordinato un’operazione di ritorsione su vasta scala. Oltre 300 droni, missili balistici e da crociera erano stati lanciati contro Israele, in quella che è stata descritta come l’azione più massiccia mai intrapresa dall’Iran contro lo Stato ebraico. Israele affermò di aver intercettato il 99% dei vettori, con danni limitati a una base aerea. In ottobre, Israele ha risposto con una serie di raid aerei mirati su strutture missilistiche iraniane, accusate di essere coinvolte negli attacchi precedenti. Le azioni hanno anche indebolito le difese aeree iraniane, aprendo la strada agli attacchi avvenuti nella notte, in cui Salami ha perso la vita.

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