In arrivo Blinken in Israele. Oms: 14 ospedali su 36 fermi

“Siamo al culmine della battaglia”, “abbiamo superato la periferia di Gaza City“. Le parole di Benjamin Netanyahu sono giunte nel giorno in cui il bilancio delle vittime della guerra nella Striscia di Gaza ha superato i 9mila morti, di cui 3.760 sono bambini. Il tenente generale Herzi Halevi ha riferito che i soldati dello Stato ebraico sono all’interno di Gaza City e la stanno circondando da diverse direzioni, “le forze di terra sono accompagnate da un’accurata attività di intelligence e da fuoco dall’aria e dal mare”. Dall’aria, un nuovo raid israeliano ha colpito un altro campo rifugiati: dopo quello di Jabalia nei giorni scorsi, è stato attaccato quello di Burejj, a sud di Gaza City, provocando 15 morti secondo la protezione civile della Striscia.

Atteso Blinken: il segretario di Stato Usa prima in Israele e poi in Giordania

Mentre si intensificano gli sforzi diplomatici per ottenere almeno una breve pausa nei combattimenti – il segretario di Stato Usa sarà di nuovo nella regione da venerdì -, le settimane di colloqui fra Egitto, Israele, Usa e Qatar (che media con Hamas) hanno consentito per il secondo giorno l’apertura del valico di Rafah, permettendo il passaggio dalla Striscia di Gaza all’Egitto di una limitato numero di persone appartenenti a due categorie: alcuni feriti palestinesi e persone straniere o con doppia cittadinanza. Sui circa 400 detentori di passaporto straniero che era atteso lasciassero la Striscia in giornata, sono 100 le persone di cui è noto che sono uscite: fra loro 74 statunitensi con doppia nazionalità, nonché una bambina italiana di 6 anni e la madre palestinese, che hanno attraversato il valico di Rafah in mattinata e sono ora in Egitto. Come pure sono in Egitto in attesa di rientrare al più presto gli altri 4 italiani che avevano già lasciato Gaza mercoledì. “Siamo impegnati ora per favorire la fuoriuscita anche dei doppi cittadini italo-palestinesi e delle loro famiglie”, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ringraziando “tutto il personale coinvolto nell’operazione, dai funzionari delle sedi diplomatiche al Cairo, Tel Aviv e Gerusalemme al nostro servizio di intelligence che, con il costante coordinamento dell’Unità di crisi della Farnesina, ha ottenuto questo importante risultato”.

Oms: “14 ospedali su 36 fermi”

Con 14 ospedali su 36, secondo i dati dell’Oms, fermi nella Striscia a causa degli attacchi ma anche della mancanza di carburante per alimentare i generatori, l’esercito di Israele ha aperto a consentire il trasferimento del carburante, “sotto supervisione, agli ospedali e faremo di tutto per garantire che non serva agli obiettivi militari di Hamas”, ha detto Halevi. Ma solo se e quando finirà, ha precisato. Salvo poi essere smentito dall’ufficio di Netanyahu, che ha fatto sapere che il premier “non ha approvato” l’ingresso di carburante nella Striscia. “Restiamo convinti che il popolo palestinese sia a grave rischio di genocidio”, è l’allarme lanciato da alcuni esperti Onu, che avvertendo che “il tempo sta per scadere” hanno chiesto un cessate il fuoco.

Occhi puntati sul Libano

Occhi puntati intanto sul Libano, per l’atteso discorso del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che venerdì prenderà la parola in un discorso tv per la prima volta dall’inizio del conflitto. La speranza è che l’intervento possa dissipare i timori di un’estensione del conflitto a livello regionale. Il gruppo militante libanese, alleato di Hamas e dell’Iran, ha dichiarato proprio che i suoi combattenti hanno effettuato un attacco simultaneo in giornata contro 19 postazioni militari israeliane al confine tra Libano e Israele, lungo il quale da settimane si succedono schermaglie fra le due parti. L’ultimo episodio un razzo lanciato dal Libano che ha causato danni nella città israeliana di Kiryat Shmona, con Tel Aviv che ha risposto attaccando una serie di siti di Hezbollah. Secondo Israele la milizia iraniana dell’imam Hussein, che negli ultimi anni era stata dislocata in Siria, starebbe combattendo al fianco di Hezbollah al confine fra Israele e Libano.

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