L'intervista di LaPresse ad Angela Di Lorenzo, 24 anni, che si trovava a Be'er Sheva, a 50 km dalla Striscia di Gaza: "Ero incredula, tuttora non me ne capacito"

E’ tornata in Italia Angela Di Lorenzo, 24 anni, originaria di Sant’Arcangelo, un paese lucano in provincia di Potenza, studentessa del Politecnico di Torino, partita a fine settembre per l’Erasmus a Be’er Sheva, una città del sud d’Israele, a meno di 50 km dalla striscia di Gaza. “La cosa che mi ha fatto più stare male è aver visto tutti quegli amici israeliani partire per la guerra. Sono in contatto con qualcuno di loro e so che molti sono feriti e qualcuno purtroppo non ce l’ha fatta. Ho visto le loro vite spezzarsi, cambiare da un giorno all’altro. Ma quando lo Stato li chiama sono obbligati ad andare a combattere, sono militari per sempre” ha detto, intervistata da LaPresse. Angela era arrivata a Be’er Sheva solo due settimane prima dell’attacco. “Sto preparando la tesi di laurea per la specialistica in ingegneria chimica. Tra le varie possibilità mi era stata proposta l’università di Be’er Sheva. Nel poco tempo che ho avuto a disposizione ho potuto lavorare con grandi scienziati in un’università all’avanguardia che ha laboratori all’ultimo grido. Ne sono rimasta affascinata”.

Per fortuna Be’er Sheva non è stata distrutta come altre città, grazie al sistema israeliano antimissile, ma sono stati giorni impegnativi. La prima settimana – racconta – ho iniziato a conoscere dottorandi, professori e altri studenti dell’università, mi stavo iniziando ad ambientare. La seconda settimana invece l’università era chiusa in occasione della festa del Sukkot, quindi in quei giorni ho potuto viaggiare per tutto Israele. Mi ero già quasi innamorata di quella cultura così diversa dalla mia”. 

Il venerdì sera ero a casa di amici israeliani, abbiamo cenato, riso e giocato a carte fino a mezzanotte. La mattina dopo, mentre dormivo a casa mia, intorno alle 6 è suonato l’allarme” dice Di Lorenzo. “Venerdì scorso ero appena tornata dal viaggio e la sera sono andata a cena da alcuni ragazzi israeliani che avevo conosciuto all’università. La mattina dopo ho sentito suonare l’allarme, ma non avevo idea di cosa fosse. Quindi mi sono alzata e ho fatto la cosa più sbagliata che si potesse fare, mi sono affacciata alla finestra perché non capivo da dove provenisse – racconta ancora -. Dopo poco uno dei miei amici israeliani mi ha mandato un messaggio dicendomi che si trattava di un allarme antibomba. Allora sono andata a svegliare la mia coinquilina che non si era accorta di niente e siamo andate a chiuderci nel bunker. Siamo rimaste lì dentro tutto il sabato mattina. Abbiamo sentito per tutta la mattina sirene e forti botti sulla città“. 

“Io mi sento fortunata in questa situazione, ma anche molto triste e amareggiata per tutte le vittime di questa guerra. Oggi voglio ringraziare tutti coloro che si sono adoperati affinché tornassi in Italia. Ieri sono riuscita a rientrare in Italia, insieme alla mia coinquilina, con un volo militare organizzato dalla Farnesina. Siamo atterrati vicino a Roma e poi da lì ho preso subito un treno per Torino, dove ho rivisto la mia famiglia. Ma la sera prima di imbarcarci abbiamo passato una notte infernale. Già raggiungere l’aereoporto è stato difficile”, dice Di Lorenzo a LaPresse. “Un mio professore – racconta ancora – mi ha chiamato un taxi e così abbiamo attraversato tante strade interrotte e con voragini ovunque, c’erano forze armate, carri armati e polizia. Ero stata convocata in aeroporto alle 10 di sera ma l’aereo è partito solo alle 5 di mattina. Quella notte in aeroporto è stato straziante vedere gente di tutte le nazionalità supplicare per avere un biglietto e lasciare l’Israele”, ricorda. 

“Ero e sono tuttora incredula di aver vissuto questa situazione, ancora non me ne capacito. Rispetto a noi italiane, gli israeliani certamente erano preparati e ci rassicuravano. Ci aggiornavano continuamente su quello che stava succedendo. Ma anche loro erano spaventati, ci dicevano che questo era molto più forte dei soliti attacchi e ci ripetevano ‘se serve l’esercito israeliano è forte e sarà pronto a combattere’. La frase non mi rassicurava per niente, anzi mi angosciava” conclude la studentessa Erasmus

Una mappa della città, nei punti rossi i luoghi dove sono caduti i missili mentre la studentessa era lì
Una mappa della città, nei punti rossi i luoghi dove sono caduti i missili mentre la studentessa era lì

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