Obiettivo fare il punto sulla controffensiva di Kiev e pianificare le strategie del lungo periodo mentre si avvicinano i difficili mesi invernali

Un incontro riservato per fare il punto sulla controffensiva ucraina e pianificare le strategie del medio e del lungo periodo mentre si avvicinano i difficili mesi invernali. È quello andato in scena, secondo il Guardian, in una località segreta al confine tra Ucraina e Polonia una decina di giorni fa e che ha visto partecipare il comandante militare in capo di Kiev, Valerii Zaluzhnyi e due pezzi da novanta della Nato: il capo delle forze dell’Alleanza in Europa, il generale americano Christopher Cavoli, e l’ammiraglio britannico Tony Radakin. Un vero e proprio “consiglio di guerra” durato cinque ore, focalizzato sulla necessità di dare slancio al contrattacco ucraino. Kiev annovera successi nel settore di Bakhmut e a Sud e nel delta del Dnipro, dove le secondo i militari ucraini, gli occupanti stanno subendo “perdite significative” di uomini e mezzi. I russi provano ad avanzare nel nordest, dovendo al contempo guardarsi dai sempre più frequenti raid all’interno dei propri confini. Come quello avvenuto nella regione di Belgorod, dove secondo il governatore Vyacheslav Gladkov, sei civili sono rimasti feriti “in seguito all’attacco con munizioni a grappolo”. Sempre nel Belgorod un drone è stato abbattuto e lo stesso è avvenuto nel distretto di Mosca. Senza dimenticare la Crimea, penisola annessa dalla Russia nel 2014 e reclamata da Kiev. “Siamo in grado di colpire qualsiasi parte del territorio temporaneamente occupato della Repubblica autonoma di Crimea. Possiamo raggiungere il nemico in qualunque momento”, avverte il capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov. Nel suo sforzo per la liberazione dei propri territori, Kiev viene costantemente sostenuta dall’Occidente, che Dmitry Medvedev, torna ad accusare di spingere “tutti” verso una “terza guerra mondiale”.

Parole che arrivano nei giorni in cui il Cremlino affronta i sospetti per la morte del fondatore del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, avvenuta a due mesi dalla tentata ribellione contro Mosca. Veterani della Wagner sentiti da Meduza alimentano le voci su un coinvolgimento di Vladimir Putin. Con la marcia verso Mosca, sostiene un paramilitare, Prigozhin “ha firmato la sua condanna”. Un altro racconta che, dopo la rivolta, Prigozhin e altri comandanti della Wagner vennero convocati al Cremlino, dove Putin “urlò contro di loro per tre ore ma poi non ha fato nulla”. Quindi, ragiona il mercenario, “forse Prigozhin avrà pensato: ‘Non ci ha ucciso subito, quindi non lo farà mai'”. Riflessione che, secondo i suoi subordinati, avevano portato lo stesso Prigozhin a sentirsi “indistruttibile” e a comportarsi in modo incauto. Il giallo, in ogni caso, resta. Specie sulle cause dello schianto del jet privato su cui Prigozhin viaggiava. Secondo esperti americani la prova di un sabotaggio bordo sarebbe il ritrovamento di una delle ali dell’aereo a chilometri di distanza dal luogo dell’incidente, come se il velivolo si fosse “rotto durante il volo”. Dagli Stati Uniti, intanto, giungono nuove accuse sui tentativi da parte della Russia di influenzare la politica e l’opinione pubblica in Occidente. Secondo documenti declassificati dell’intelligence americana, il servizio federale di sicurezza russo (Fsb) starebbe spingendo civili russi a costruire relazioni con influenti individui statunitensi e occidentali diffondendo narrazioni che sostengono gli obiettivi del Cremlino.

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