Lo scrittore ucraino di lingua russa a LaPresse: "No a concessioni per la pace, l'Italia aiuti nella ricostruzione"
Niente pace con concessioni, la vittoria non è vicina. E’ un quadro duro ma anche lucido della guerra in Ucraina quello fornito dallo scrittore ucraino di lingua russa Andrei Kurkov, intervistato da LaPresse. “Dopo ciò che la Russia ha fatto, partendo dal massacro di Bucha e arrivando al bombardamento di Kramatorsk, non ci possono essere concessioni” in un eventuale accordo di pace, dice a proposito dell’invasione da parte della Russia. “Abbiamo a che fare con un regime estremamente violento e non degno di fiducia e il suo leader, Putin, dice apertamente che l’Ucraina non deve esistere. Non vedo alcuna possibilità di pace finché la Russia non smetterà di essere un aggressore e Putin non se ne sarà andato”, aggiunge Kurkov. Pochi giorni fa è uscito per Keller editore il suo ‘Diario di un’invasione’: Kurkov ha sempre scritto in lingua russa, mentre quest’ultima opera è uscita in lingua ucraina. “E’ un pezzo che mi mancano le parole per descrivere l’orrore perpetrato da Putin in suolo ucraino“, scrive nel Diario Kurkov. Eppure, le ha trovate un’altra volta, come già fece nei suoi ‘Diari ucraini’ del 2014 e come ha fatto in altri romanzi, primo tra tutti, nella sua atmosfera allucinata, ‘Jimi Hendrix a Leopoli’.
“Le nuove generazioni ucraine conosceranno questa guerra dai libri degli scrittori ucraini, dalle poesie, dai film, di artisti e poeti ucraini – spiega Kurkov – Condividere l’esperienza di ciò che sta accadendo oggi, dunque, è uno dei principali compiti della cultura ucraina”.
Il ruolo dell’Ue e dell’Italia
“L’Ucraina o sarà libera, indipendente ed europea o non esisterà affatto”, scrive nel suo libro. E quando gli si chiede se fosse ‘necessaria’ una guerra perché l’Europa si sentisse responsabile del futuro di Kiev, risponde: “Non so se mi piaccia questa idea. L’Ucraina deve essere responsabile del suo futuro europeo. Ma senza Europa, Usa, Giappone e altri Stati democratici non potrebbe difendersi”. Certo, “senza questa guerra e il coraggio degli ucraini, l’Europa non saprebbe così tanto sul nostro Paese, la sua geografia, la sua cultura, storia, cibo. Ma non è un buon motivo per dire ‘Dio benedica la guerra’” spiega ancora.
All’Italia chiede aiuto soprattutto per la ricostruzione: “A oggi, credo che il 20% del Paese sia completamente distrutto”, spiega. “Spero che l’Italia aiuti soprattutto quando la guerra sarà finita e l’Ucraina avrà bisogno della ricostruzione”, aggiunge Kurkov. Su alcune dichiarazioni di politici italiani in merito all’invio di armi o al ruolo di Putin (anche quelle di Silvio Berlusconi) taglia corto: “Non so molto, importa cosa si fa ora”, spiega. “Sono molto felice che la vostra premier supporti l’Ucraina e non stia dal lato di Putin“, aggiunge.
I Diari di un’invasione
Il suo racconto personale di quanto accaduto con l’invasione della Russia inizia così, nel libro: “Stavo preparando il borsc per alcuni giornalisti in visita. Speravo che Putin non interrompesse la nostra cena. Non lo ha fatto. Ha deciso di colpire l’Ucraina con i missi alle cinque di questa mattina”. Un suono “che ho ancora nelle orecchie”, dice ancora a LaPresse Kurkov, ricordando il 24 febbraio 2022. “Siamo in guerra con la Russia. Però la metro di Kiev funziona e i café sono aperti”, scrive nel Diario. Un racconto quasi giornaliero, che parla in parte anche la ‘normalità’ del conflitto. “Le persone credono nella vittoria ma la vittoria probabilmente non arriverà entro quest’anno”, spiega, dicendo che “la vita sta andando avanti in alcune regioni lontane dalla linea del fronte, dove si può quasi pensare che non ci sia la guerra. Ma in realtà penso che ci sia più tensione ora”. E prosegue: “In parte è dovuto al fatto che le persone sono stanche degli allarmi anti-aerei, di avere paura che la prossima volta un missile russo potrebbe colpire la loro casa. La mobilitazione va avanti e sta diventando più intensa. Il costo in termini di vite sale significativamente, c’è meno lavoro. Chi è stato costretto a lasciare la propria casa è in una situazione ancora peggiore”. Insomma: “Ci sono teatri e caffè aperti e pieni, sì, ma la guerra in realtà è molto più presente ora di prima perché quasi tutti i teatri ora mostrano opere legate alla guerra e ai rifugiati. Nei bar e nelle strade ci sono i veterani, i funerali dei soldati ucraini sono continui in tutti i villaggi principali”.
Come racconteremo questa guerra
Probabilmente per raccontare la guerra in Ucraina tra 20-30 anni sui libri di storia “useremo le stesse parole usate nei libri per raccontare il 22 giugno 1941, quando Hitler attaccò l’Urss, bombardando indiscriminatamente città e villaggi, uccidendo civili e distruggendo la vita”, dice ancora lo scrittore, che non teme di parlare di Putin come di un “dittatore” spietato e cui dare “poca fiducia”.
Ma in guerra, esistono giusto e sbagliato? “Certo. Prima di tutto abbiamo un’invasione – c’è un aggressore venuto nel nostro Paese per prenderne il controllo, uccidere e distruggere. La guerra radicalizza la società e la rabbia sfogata dall’aggressore torna indietro a lui. L’odio diventa un’arma. Le vittime chiedono vendetta e la vendetta non si limita all’armata nemica. La vendetta arriva alla lingua nemica, nonostante sia la stessa usata da una parte della popolazione ucraina, la vendetta riguarda la cultura russa, tutto”. E lui lo sa bene: poiché ha sempre scritto in lingua russa e ha avuto anche qualche polemica accesa con alcuni nazionalisti ucraini. “Il problema principale è che la società ucraina è traumatizzata e la lingua russa è considerata dal lato dei colpevoli. Le librerie non vogliono vendere libri in russo anche se sono stati scritti e pubblicati da ucraini. Quindi i libri di autori russofoni vengono pubblicati tradotti in ucraino e non in lingua originale – dice – Anche la mia situazione dunque è colpita da questi problemi: il ‘Diario di un’invasione’ è stato pubblicato in ucraino e non sarà pubblicato in russo”.
Non mancano i riferimenti a quanto accaduto lo scorso weekend in Russia, con quelli che sono sembrati i primi passi di una guerra civile. “La Russia è storicamente uno Stato molto violento. Ciò che abbiamo visto con la Wagner di Prigozhin è simile a ciò che accadde con Emel’jan Ivanovič Pugačëv (rivoltoso che sfidò l’impero russo di Caterina II nel ‘700, ndr) in altri casi in passato. C’è sicuramente la possibilità di una guerra civile ma in questo caso il caos in Russia potrebbe essere anche molto pericoloso per i Paesi vicini”, racconta. “Ci sono molti gruppi diversi che potrebbero combattere per il potere al Cremlino e ci sono anche elites politiche che sono interessate a mantenere il controllo sulle loro regioni e avere uno status più autonomo, come la Cecenia – dice Kurkov – Queste regioni combatteranno per una maggiore autonomia ma probabilmente non per l’indipendenza, poiché sono abituate a ricevere soldi dal potere centrale”.
Kurkov, che è stato candidato anche al Premio Strega Europeo, pubblicherà con Keller anche l’edizione italiana del romanzo ‘Api grigie’, che si è aggiudicato il National Book Critics Circle Award negli Usa e il Prix Médicis étranger.
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