L'Unione europea incassa l'embargo al petrolio russo ma si piega all'ulitma richiesta dell'Ungheria

La saga del sesto pacchetto di sanzioni giunge al termine, con l’Ue che incassa l’embargo al petrolio ma che si piega all’ultima richiesta dell’Ungheria, eliminando il nome del patriarca della Chiesa ortodossa russa, Kirill, dalla lista nera dei sanzionati. A nulla sono valsi i tentativi di convincere Orban, il potere di veto di uno solo ha prevalso sugli altri 26 e sulle stesse istituzioni Ue. L’ultimo giro del forum degli ambasciatori Ue, convocato a Lussemburgo dove a giugno si svolgono i Consigli Ue, ha ceduto pur di chiudere la partita, che dopo un mese stava diventando imbarazzante. “Il patriarca Kirill è un leader religioso e nel rispetto dei principi fondamentali della libertà religiosa, il governo ungherese ritiene inopportuno che l’Ue includa il suo nome tra coloro che sarebbero specificamente sanzionati”, ha dichiarato il premier magiaro, sostenendo che la posizione di Budapest era chiara ed era stata espressa a più riprese nelle riunioni degli ambasciatori, i quali, secondo Orban, non avrebbero alzato ciglio. Al di là di come siano andate le cose, non può essere una coincidenza che tutti gli scontri e i problemi, tra politica estera e stato di diritto, includano ogni volta il nome dell’Ungheria. L’Ue ha un grosso problema in casa, un paese che ricatta tutti, e su cui ora pende il sospetto che voglia fare nell’ombra il gioco di Mosca. Alla luce del sole invece era stata la decisione del governo Orban di non inviare o far passare sul suolo ungherese armi a Kiev. Ma viste nell’insieme anche le mosse sull’embargo al petrolio sono sembrate andare oltre le difficoltà oggettive e tecniche della loro rete di oleodotti.

La posizione di Orban appare sempre più isolata dopo che oggi la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è volata a Varsavia per consegnare la sua valutazione positiva al piano di ripresa e resilienza polacco. Una svolta nelle relazioni tra Bruxelles e il governo Morawiecki, dettata dal ruolo che la Polonia ha assunto dopo il conflitto ucraino. Con 3,5 milioni di profughi ospitati la Polonia è diventata un “esempio di accoglienza per il mondo intero”, ha sottolineato von der Leyen, prima di impartire una ramanzina al premier. I soldi del recovery plan non arriveranno se la Polonia non rispetterà gli impegni sull’indipendenza della magistratura. Primo, dovrà abolire l’attuale camera disciplinare e sostituirla con un tribunale indipendente e imparziale stabilito dalla legge. Secondo, il regime disciplinare deve essere riformato e, infine, entro la fine del 2023 tutti i giudici illegittimamente licenziati devono essere reintegrati. La Polonia, che ha visto diverse procedure d’infrazione sulla vicenda del regime disciplinare dei giudici, nonché una sentenza della Corte di giustizia che l’ha condannata a una multa record di 1 milione al giorno, si è impegnata a rispettare questi parametri in cambio del piano da 35 miliardi.

Chissà se l’Ungheria punta a ricevere l’ok al suo Pnrr da 7,2 miliardi entro la scadenza di fine anno, mostrando i muscoli in vista di future decisioni in politica estera e dimostrando di poter tenere sotto scacco l’Ue. Se questo non avverrà, l’Ungheria, non solo continuerà a ricevere il petrolio russo per l’esenzione ottenuta all’ultimo Consiglio europeo, ma sarà tagliata fuori dal grande piano di diversificazione e sviluppo rinnovabili che è il RePowerEu, i cui fondi devono passare per il pnrr. Un piano che, nelle intenzioni della Commissione, servirà a liberarsi dalla dipendenza energetica russa come e più delle sanzioni.Intanto, oggi, l’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo ha deciso che i rappresentanti delle società russe non potranno più entrare nei locali dell’Eurocamera. “Non dobbiamo concedere loro alcuno spazio per diffondere la loro propaganda e narrazioni false e tossiche sull’invasione dell’Ucraina”, ha commentato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Via i lobbisti provenienti da Mosca, insomma, ammesso che ve ne fossero ancora. Ma certamente è il messaggio che conta.

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