Dall'annessione della Crimea al conflitto nel Donbass fino agli accordi di Minsk e alla fragile tregua: le tappe della diatriba

 Gli ultimi 30 anni di storia dell’Europa dell’Est sono costellati da episodi di frizioni e crisi più o meno gravi fra Mosca e Kiev, dove il Cremlino non ha mai rinunciato ad un’ingerenza negli affari del Governo o delle opposizioni al governo in carica. L’Ucraina è uno stato indipendente dal 1991 ma da sempre la Russia considera l’ex paese sovietico come parte della sua esclusiva sfera di influenza. L’ultimo grande nodo al pettine delle relazioni travagliate sono gli accordi di pace per l’Ucraina orientale, rimasti in stallo per anni dopo la loro firma nel 2015 a Minsk. Gli ultimi sviluppi, con i ripetuti avvertimenti Usa sul rischio di un’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, li hanno riportati sotto i riflettori, tanto che alcuni esperti suggeriscono come riprendere in mano quell’intesa potrebbe costituire la soluzione al gravissimo impasse di questi giorni. Di seguito ripercorriamo le tappe della crisi lungo gli ultimi anni, dalla cacciata del presidente ucraino filo-Cremlino Viktor Yanukovich all’annessione della Crimea, fino ad arrivare al conflitto nell’est dell’Ucraina e agli accordi di Minsk.

L’ANNESSIONE DELLA CRIMEA – Era il febbraio del 2014 quando a Kiev veniva cacciato il presidente filo-Cremlino Viktor Yanukovic. La Russia risponde con l’annessione della penisola di Crimea e sostenendo una rivolta separatista nell’est dell’Ucraina perlopiù russofono, nella regione industriale nota come Donbass. E’ guerra contro i ribelli, anche con l’uso di artiglieria pesante. L’Ucraina e l’Occidente accusano la Russia di sostenere i separatisti con truppe e armamenti; accuse respinte da Mosca, secondo cui i russi che combattono nell’est erano volontari.

IL VOLO DI MALAYSIA AIRLINES ABBATTUTO – Nel mezzo dei combattimenti, il volo 17 di Malaysia Airlines con 298 persone a bordo viene abbattuto nei cieli dell’est dell’Ucraina il 17 luglio del 2014, non ci sono sopravvissuti. Un’indagine internazionale conclude che l’aereo è stato distrutto da un missile lanciato da una zona controllata dai ribelli e che l’arma è stata portata in Ucraina da una base militare in Russia. Mosca nega categoricamente ogni coinvolgimento nell’accaduto.

IL FORMATO NORMANDIA – I leader di Francia e Germania avviano negoziati per una tregua, accompagnando colloqui con Russia e Ucraina, incontri che avvengono per lo più in Normandia, in Francia, nel giugno del 2014. È così che nasce il cosiddetto ‘formato Normandia’ usato per i colloqui.

I COMBATTIMENTI NELL’EST DELL’UCRAINA E I NEGOZIATI – Dopo una importante sconfitta delle truppe ucraine, ad agosto del 2014 i rappresentanti di Kiev e i ribelli firmano una tregua a Minsk nel settembre dello stesso anno. Il documento, soprannominato ‘Minsk I’, prevede un cessate il fuoco monitorato dall’Osce, un ritiro dei combattenti stranieri, uno scambio di prigionieri e ostaggi, un’amnistia degli insorti e una promessa che le regioni ribelli avrebbero potuto avere un grado di auto-governo. L’accordo crolla rapidamente e i combattimenti riprendono su larga scala. A gennaio e febbraio del 2015, le truppe ucraine subiscono un’altra grande sconfitta nella battaglia di Debaltseve. A quel punto Francia e Germania si attivano per provare a negoziare un altro accordo di pace e il 12 febbraio del 2015 i rappresentanti di Ucraina, Russia e i ribelli firmano un’intesa che prevede un nuovo cessate il fuoco, il ritiro di armi pesanti dalla linea di contatto fra i soldati e i ribelli, nonché disposizioni per un accordo politico. La dichiarazione a sostegno dell’accordo viene firmata dai leader di Russia, Ucraina, Francia e Germania.

LE DISPOSIZIONI DEGLI ACCORDI DI MINSK – L’accordo, soprannominato ‘Minsk II’, comprende un cessate il fuoco monitorato dall’Osce, il ritiro di armi pesanti e combattenti stranieri dalla linea di contatto e uno scambio di prigionieri. Il documento inoltre – grande colpo diplomatico per la Russia – impegna l’Ucraina a garantire uno status speciale alle regioni separatiste, consentendo loro di creare una propria forza di polizia e di avere voce in capitolo nella nomina di procuratori e giudici locali. Chiede inoltre a Kiev di offrire un’amnistia ai separatisti e negoziare con i leader dei ribelli i dettagli per elezioni locali. Stabilisce che l’Ucraina avrebbe potuto riprendere il controllo del confine con la Russia nelle regioni ribelli solo dopo aver applicato l’autogoverno e aver tenuto elezioni locali controllate dall’Osce.

LE ACCUSE FRA MOSCA E KIEV – Mentre l’accordo di Minsk ha contribuito a porre fine a battaglie su larga scala, sono continuati frequenti scontri, accompagnati da scambi di accuse fra le parti, che hanno negoziato una lunga serie di rinnovati cessate il fuoco, tutti rapidamente violati. L’Ucraina ha accusato la Russia di non aver ritirato le sue truppe dalle zone di conflitto; Mosca dal canto suo ha fermamente negato la presenza di suoi militari e ha puntato il dito contro il dispiegamento di istruttori occidentali in Ucraina. Pur negando qualsiasi coinvolgimento militare nell’Ucraina orientale, la Russia ha offerto sostegno politico ed economico ai ribelli e ha concesso la cittadinanza a oltre 700mila residenti nella regione. I leader di Russia, Ucraina, Francia e Germania hanno si sono impegnati, ognuno dal canto suo, al rispetto degli accordi di Minsk, ancora durante l’ultimo incontro a Parigi nel dicembre 2019. Da allora non ci sono stati progressi visibili se non il precipitare della crisi durante gli ultimi mesi.

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