Trump blocca 4 compagnie del dragone come ritorsione al veto di Pechino su United e Delta 

 Lo scontro tra Usa e Cina prende quota. Quella che è stata definita come una nuova guerra fredda tra le due super potenze economiche ora si 'combatte' anche nei cieli. L'amministrazione Trump ha deciso di bloccare i voli in ingresso e in uscita dagli Stati Uniti di quattro compagnie aeree cinesi a partire dal 16 giugno in risposta al veto che ancora pesa sulla United Airlines e sulla Delta Air Lines, i cui voli per la Cina sono fermi da settimane, in attesa del via libera di Pechino. E' l'ultimo tassello di uno scontro che infuria su più fronti. Mentre la Cina si difende dalle accuse di aver ritardato la comunicazione di informazioni preziose sul Covid-19 all'Oms, bollando come falsa l'inchiesta dell'Associated Press, Donald Trump sta chiamando a raccolta le potenze mondiali per un nuovo G7 incentrato sul gigante asiatico. Un summit che il tycoon vorrebbe aprire anche a Russia, India, Corea del Sud e Australia. Da parte sua l'Oms ha ribadito di aver avuto un colloquio franco e schietto con "tutti i governi" lavorando giorno e notte affinché le informazioni arrivassero "equamente" a tutti gli stati membri. L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet ha invece lanciato l'allarme per il blocco della libertà di espressione che si è abbattuto su Asia e Pacifico durante la pandemia. Nel mirino c'è ovviamente la Cina, che è stata accusata, insieme ad altri Paesi, di aver "inasprito la censura" e di aver messo a tacere le voci critiche che si sono levate sulla gestione del Covid-19 da parte del governo.

 La legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong è l'altro dossier scottante su cui si confrontano gli Stati Uniti e la Cina. Nel mezzo c'è l'Unione europea che, sebbene abbia condannato la legge che rischia di soffocare gli oppositori nella regione amministrativa speciale, non ha previsto alcuna sanzione economica per Pechino. Ad alzare la posta è stato invece il premier britannico Boris Johnson, battitore libero dopo la Brexit. Il primo ministro ha annunciato che il Regno Unito è pronto ad aprire le porte a circa 3 milioni di cittadini di Hong Kong, criticando apertamente la nuova legge. "La Gran Bretagna non ha il diritto di fare osservazioni irresponsabili sugli affari di Hong Kong e interferire negli affari interni della Cina", ha attaccato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian. La comunità internazionale e alcuni governi stranieri "hanno adottato doppi standard sfacciati nel trattare la questione" gli ha fatto eco il capo esecutivo di Hong Kong Carrie Lam che si è recata a Pechino per discutere della controversa normativa. Dopo tre ore di negoziato, Lam ha supportato la decisione di Pechino definendola legittima in quanto "ogni stato è libero di difendere la propria sicurezza nazionale". "Gli Stati Uniti non fanno eccezione", ha detto Lam, approfittando dalle proteste incendiarie che stanno travolgendo il Paese dopo l'uccisione dell'afroamericano George Floyd. Speriamo che gli Usa adottino misure "concrete contro la discriminazione razziale", ha aggiunto il portavoce Zhao Lijian. Ora l'attenzione è concentrata sulle celebrazioni per l'anniversario del massacro di piazza Tienanmen, quando Pechino il 4 giugno del 1989 represse nel sangue la protesta di lavoratori e studenti. Per anni a Hong Kong si è tenuta la commemorazione dell'evento che quest'anno è stata vietata dalle autorità, ufficialmente per motivi sanitari legati alla pandemia. "La commemorazione è un forte segnale che le libertà devono essere protette", "confidiamo che i cittadini siano liberi di commemorare l'anniversario in modo adeguato", ha detto una portavoce della Commissione Ue in conferenza stampa, alla luce degli ultimi sviluppi, il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali "ora è più importante che mai".
 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata