Il quarto mandato che sta ancora completando, con le crisi in seno alla Grosse Koalition e le critiche contro la sua decisione di aprire le porte del Paese a oltre un milione di migranti nel 2015-2016, hanno finito per renderla irrimediabilmente fragile

Angela Merkel, 64 anni di cui 13 al timone della Germania e 18 alla guida della Cdu, è parsa per lungo tempo una cancelliera inossidabile. Ma il quarto mandato che sta ancora completando, con le crisi a ripetizione in seno alla Grosse Koalition e le critiche contro la sua decisione di aprire le porte del Paese a oltre un milione di migranti nel 2015-2016, hanno finito per rendere Merkel irrimediabilmente fragile.

Le prime conseguenze di tutto questo le ha tratte all'indomani della batosta elettorale in Assia, giunta dopo quella in Baviera, annunciando ai suoi che a dicembre lascerà la presidenza della Cdu, restando cancelliera ma solo fino alla fine del mandato nel 2021. Dopo di che, niente più ruoli politici. Il quarto mandato da cancelliera, Merkel lo ha avviato fra le difficoltà a marzo, dopo complicatissimi negoziati per la formazione di un governo. All'indomani delle elezioni federali del 24 settembre 2017, prima aveva esplorato l'ipotesi di una 'coalizione Giamaica' con Verdi e liberali; poi, saltati quei colloqui, la Spd aveva fatto marcia indietro rimettendo sul piatto la sua disponibilità ed era stata così creata una riedizione della Grosse Koalition di socialdemocratici, Cdu e Csu. Questa ricetta di compromesso permanente sotto l'egida della cancelliera, però, ha finito per lasciare insoddisfatti gli elettori, in un mondo politico tedesco ormai cambiato con l'irruzione preponderante dell'estrema destra xenofoba di Alternativa per la Germania (AfD).

In conflitto costante sulla politica migratoria con il suo ministro dell'Interno, e leader della Csu bavarese Horst Seehofer, Merkel si è allora indebolita sempre di più negli ultimi mesi. Un declino che ha acuito le ambizioni nel suo campo conservatore liberando rancori accumulati talvolta da anni. Quella che i tedeschi soprannominavano affettuosamente 'Mutti', cioè 'Mamma', "non è più così incontestata come lo è stato nel corso delle tre legislature precedenti", ha sintetizzato il suo ex ministro delle Finanze Wolfgang Schaüble.

Sotto la pressione dei ribelli del suo partito, Merkel a inizio 2018 aveva già nominato come numero due della Cdu una figura a lei vicina, Annegret Kramp-Karrenbauer, incaricata di preparare "un rinnovamento". Ma recentemente si è vista imporre un nuovo presidente del suo gruppo parlamentare, più critico: silurato il fedelissimo Volker Kauder, è stato scelto lo sfidante Ralph Brinkhaus, schiaffo interno non indifferente.

Da un anno niente va come previsto. Prima di tutto nella famiglia politica di Merkel, quella conservatrice, che alle legislative del 2017 ha registrato un minimo storico e ha visto parte del suo elettorato spostarsi verso formazioni ostili alla sua politica migratoria, come l'estrema destra di AfD e i liberali. Tutto era cominciato nell'autunno del 2015, quando Merkel ha deciso di accogliere centinaia di migliaia di richiedenti asilo nonostante le preoccupazioni dell'opinione pubblica garantendo "Ce la faremo", frase che le è stata più volte scagliata contro come un boomerang. Fino ad allora, questa dottoressa in chimica che porta ancora il cognome del primo marito, aveva coltivato piuttosto l'immagine di una donna prudente, talvolta fredda e semplice. Un anno dopo, con il terremoto Donald Trump, media e politici la proclamarono "leader del mondo libero" in un contesto di ascesa dei populismi. Ma la crisi migratoria e la paura dell'islam e di attentati, cavalcate dall'estrema destra, hanno portato a un boom dell'AfD. Con l'ingresso di questa formazione al Bundestag a settembre del 2017, si è rotto un tabù del dopoguerra. 

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