L'Osservatorio dice che le vittime sarebbero già centinaia: "Hanno paura delle guardie locali, si sbarazzano delle persone e vanno a prenderne altre"
L'organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha fatto sapere che circa 180 migranti etiopi e somali sono stati costretti dai trafficanti di esseri umani a gettarsi in mare al largo della costa yemenita. Si ritiene che cinquantacinque siano morti. "Più di 180 migranti sono stati costretti a saltare fuori dalla loro barca oggi, dopo che ieri 50 somali e iracheni sono stati annegati dai trafficanti al largo dello Yemen", si legge sul profilo Twitter dell'organizzazione.
"Fino a 180 migranti sono stati costretti a saltare fuori da una barca oggi (10 agosto) dai trafficanti al largo dello Yemen. Cinque corpi sono stati recuperati sinora e circa 50 persone sono disperse. Questo ultimo incidente arriva appena 24 ore dopo che i trafficanti hanno costretto più di 120 migranti somali ed etiopi a gettarsi in mare mentre si avvicinavano alla costa di Shabwa, governatorato yemenita lungo il mar arabico, causando l'annegamento di circa 50 di essi", si legge in una nota dell'Oim. Dopo i fatti di ieri, i sopravvissuti avevano raccontato che gli scafisti erano tornati indietro verso la Somalia per "continuare i loro affari e prendere a bordo altri migranti per portarli in Yemensulla stessa rotta", spiega la nota. Avevano anche detto che i trafficanti di esseri umani li avevano "spinti in acqua quando avevano visto alcune persone che sembravano autorità vicino alla costa". "I trafficanti sono nel panico", ha dichiarato Laurent de Boeck, capo della missione Oim in Yemen, sottolineando che il rafforzamento dei controlli di confine lungo la costa rischia di essere controproducente. Gli scafisti, ha detto, "di base continuano i loro affari uccidendo la gente".
La portavoce dell'Oim, Olivia Headon, ha detto a Reuters: "Potrebbe essere l'inizio di una nuova tendenza. Li scaricano vicino alla costa, fanno dietrofront e ne caricano altri". Ha anche sottolineato che in gran parte si tratta di profughi etiopi e somali, molto deboli perché provengono da Paesi colpiti da grave siccità, e che quindi non hanno la forza per riuscire a nuotare e raggiungere la riva.
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