Dopo quasi 9 mesi di battaglia termina il controllo jihadista

L'Iraq annuncia la vittoria sull'Isis a Mosul. L'offensiva lanciata il 17 ottobre dalle forze irachene, sostenute dalla coalizione anti Isis, dopo quasi nove mesi di battaglia strada per strada pone fine a tre anni di controllo jihadista sulla città. "Il comandante in capo delle forze armate (cioè il premier iracheno ndr.) Haider al-Abadi è arrivato nella città liberata di Mosul e si è congratulato con i combattenti eroici e con il popolo iracheno per la grande vittoria", ha fatto sapere l'ufficio del primo ministro.

Al-Abadi ha incontrato i comandanti militari nella zona ovest di Mosul, ma la dichiarazione formale della liberazione dell'intera città è ancora attesa. Si sentono infatti ancora rumori di raid aerei e scontri a fuoco nelle stradine strette della città vecchia, che è stata l'area dell'ultima sacca di resistenza del gruppo terroristico. Il presidente francese Emmanuel Macron, il cui Paese fa parte della coalizione a guida Usa che compie raid aerei e ha fornito addestramento e assistenza alle forze irachene sul campo, ha già celebrato la sconfitta: "Mosul liberata dall'Isis: la Francia rende omaggio a tutto coloro che, insieme ai nostri soldati, hanno contribuito a questa vittoria", ha scritto su Twitter. Alla battaglia per la liberazione, oltre che soldati iracheni e coalizione internazionale a guida Usa, hanno partecipato i peshmerga curdi, nonché tribù arabe sunnite e miliziani sciiti.

Lo Stato islamico aveva conquistato Mosul a giugno del 2014 e ne aveva fatto la sua roccaforte in Iraq, come poi Raqqa in Siria. È qui, dal pulpito della Grande moschea di al-Nouri distrutta a giugno scorso, che il leader dell'Isis Abu Bakr al-Baghdadi proclamò in quella estate del 2014 un califfato a cavallo fra Siria e Iraq. La sconfitta a Mosul, dunque, è un colpo duro per i jihadisti, che stanno perdendo terreno anche a Raqqa. Ma l'Isis controlla ancora parti di territorio, in Iraq a questo punto perlopiù zone rurali a ovest e a sud di Mosul, e adesso che l'autoproclamato califfato perde pezzi il gruppo proverà probabilmente a rifarsi con attentati. Inoltre Mosul dovrà affrontare il dramma umano e umanitario legato al circa un milione di sfollati e alle migliaia di civili uccisi nella battaglia, oltre che la ricostruzione di vaste zone ridotte in macerie: secondo l'Onu ci vorranno oltre un milione di dollari per riparare le infrastrutture di base a Mosul. A questo si aggiunge il fatto che l'Iraq affronta ancora incertezze: la caduta di Mosul porterà alla luce fratture fra arabi e curdi per i territori contesi, nonché fra i sunniti e la maggioranza sciita; una stabilità di lungo termine, quindi, sarà possibile solo se il governo riuscirà a contenere le tensioni etniche e settarie che attraversano il Paese fin dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003.

Quando ieri l'esercito aveva anticipato che l'annuncio della vittoria era imminente, lo Stato islamico aveva risposto promettendo di "combattere fino alla morte". Ma il portavoce dell'esercito iracheno, il brigadier generale Yahya Rasool, ha raccontato alla tv di Stato che 30 militanti sono stati uccisi mentre provavano a scappare a nuoto nel Tigri, il fiume che taglia a metà la città. Secondo quanto riferisce l'esercito, messi all'angolo in un'area ristretta, i militanti hanno cominciato a inviare donne kamikaze fra le migliaia di civili feriti, malnutriti e impauriti.

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