Il professore della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa: La soluzione c'è, la trovarono nel 1922

Accademici arrestati, giornalisti espulsi, avvocati in manette insieme ai propri assistiti: "ormai i casi si moltiplicano e non sono neanche più legati solo alla questione curda. Chi lavora nel mondo dei media, delle università e nella pubblica amministrazione è sotto costante intimidazione". Francesco Strazzari insegna Relazioni internazionali al master in diritti umani e gestione dei conflitti della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa. E non ha dubbi: la Turchia sta compiendo "un passo verso l'abisso", perché in arrivo c'è anche "la modifica del codice penale che introdurrà l'accusa di terrorismo anche in mancanza di uso della forza". In altre parole accademici, attivisti, associazioni, tutti saranno accusabili di terrorismo per le proprie posizioni politiche. Una mossa che "non solo criminalizza, ma sottopone a un regime speciale tutta una parte di opinione pubblica in Turchia, inclusi i parlamentari, che con l'accusa di terrorismo perderebbero anche l'immunità. E' prevedibile che diversi parlamentari dell'Hdp, che è il partito che ha saldato l'opinione pubblica progressista con una parte del mondo curdo, verranno messi in carcere".

SI MOLTIPLICANO I CASI. Negli ultimi giorni si sono moltiplicati i casi: un insegnante britannico, Chris Stephenson, che viveva in Turchia da oltre vent'anni e insegnava informatica all'università Bilgi di Istanbul, è finito in manette con l'accusa di "propaganda terroristica" perché in possesso di volantini che invitavano ai festeggiamenti del capodanno curdo. Rilasciato dopo un paio di giorni, sarà ora espulso. Aveva preso parte a una manifestazione a sostegno di tre accademici turchi arrestati il giorno prima con l'accusa di aver firmato un appello per la fine degli scontri tra forze di sicurezza e militanti del Pkk. A gennaio almeno una decina di accademici è stata arrestata per pubbliche espressioni contro le operazioni militari anti-Pkk nel sudest del Paese.

ARRESTATI ANCHE GLI AVVOCATI DIFENSORI. "Ma anche – racconta Strazzari – gli avvocati che difendevano gli accademici sono stati trattenuti dalla polizia. Anche il diritto di difesa sta saltando, un diritto che è alla base di qualsiasi ordinamento minimamente civile. Il numero degli accademici arrestati, per non parlare di quelli licenziati e sospesi, sia nel settore pubblico che privato, si contano ormai a decine. Arrivano petizioni a noi accademici da parte dei colleghi turchi in continuazione". Non va meglio per i giornalisti, non solo quelli turchi ma anche per quelli stranieri. Come ricorda Strazzari, il corrispondente del settimanale tedesco Der Spiegel è stato costretto a lasciare la Turchia dopo che per tre mesi ha inutilmente aspettato il rinnovo della sua tessera di giornalista. 

"TURCHIA PAESE SICURO TRADISCE PRINCIPI UE". Ora, per consentire i rimpatri verso la Turchia, quest'ultima dovrà ottenere lo status di Paese sicuro. "L'indicazione che la Turchia sia un Paese sicuro è la base giuridica necessaria per consentire il rimpatrio secondo lo schema 'uno per uno', ma questa base giuridica – sottolinea il docente – tradisce il fondamento normativo dei principi dell'Ue".

"GROSSA IPOCRISIA SU ADESIONE ALL'UE, TURCHIA NON ENTRERA'". Sulla questione, rileva Strazzari, "c'è una grossa ipocrisia, perché tutti sappiamo che la Turchia non entrerà nell'Unione europea. Siamo di fronte a un'emergenza che rientrerà prima o dopo. E, terminata l'emergenza, le cose si potranno ristabilire, e la Turchia tornerà a un ruolo marginale. Il problema è che la falla che nel frattempo si è creata è enorme. Stiamo anche creando un precedente clamoroso, perché un domani si potrebbe porre il problema con l'Egitto".

"UNA PIA ILLUSIONE". Lo schema 'uno contro uno', che prevede il rimpatrio di migranti irregolari dalla Grecia alla Turchia e la contestuale accoglienza di altrettanti rifugiati che partirebbero dalla Turchia per l'Europa, dice Strazzari, rappresenta una "pia illusione. C'è l'illusione – spiega – di poter prendere rifugiati che hanno attraversato il mare, impacchettarli a prescindere dalle famiglie e rispedirli in Turchia. Noi in Italia ce lo ricordiamo quando ci fu da rimpatriare gli albanesi nel 1991, con l'ondata dello stadio di Bari. Vennero fatti salire sugli aerei con l'inganno che sarebbero stati ricollocati in altre città italiane e invece furono rispediti in Albania. Dicono che ne rimanderanno indietro 40mila. Ci vorrà l'esercito, ci saranno suicidi. Non è che si tratta di rimandare indietro una mandria, ma di rimandare indietro famiglie".

IL PASSAPORTO NANSEN. Insomma allora cosa si può fare? "La risposta – dice – ce la dà la storia. Nel 1922 ci fu il grande rogo di Smirne. Bruciò l'intera citta, fu una delle grandi catastrofi dell'umanità, che aprì la strada alle pulizie etniche che scolvolsero la regione tra l'impero ottomano e la Grecia, creando una serie di esodi di popolazioni". Per gestire l'ondata di profughi, la Società delle nazioni "creò il passaporto Nansen. Fu una invenzione giuridica del momento, per far fronte a una catastrofe, un esodo di rifugiati senza fine". Il passaporto Nansen fu un passaporto internazionalmente riconosciuto rilasciato a profughi e rifugiati apolidi. Concepito nel 1922 da Fridtjof Nansen, scienziato ed esploratore polare, premio Nobel per la pace, e concesso dal parlamento norvegese, nel 1942 era riconosciuto dai governi di 52 Paesi. In totale furono emessi circa 450.000 passaporti Nansen, che permisero a centinaia di migliaia di persone apolidi l'emigrazione in un paese diverso da quello di origine.

ACCOGLIENZA SULLE ISOLE. "Le isole greche, come Corfù – continua – hanno sempre avuto un ruolo di accoglienza. Si potrebbe pensare a un dispositivo legale di protezione temporanea e contemporaneamente a una compensazione per i danni al turismo per le isole che accolgono i migranti. Invece così il turismo si perde comunque, non c'è compensazione e quelle isole diventano di fatto hotspot, il che che non è sicuramente un aiuto al turismo locale".

"LA NATO FA IL CONTRARIO DI CIO' CHE FECE IN KOSOVO". In più "oggi assistiamo a una grande contraddizione. Mentre quindici anni fa – ricorda il docente – la Nato intervenì nella ex Jugoslavia per dare vita a un ponte che portava i rifugiati di qua, in salvo, anche in quel caso con un meccanismo di quote, oggi la Nato è mobilitata, peraltro in ritardo clamoroso, per respingerli, per catapultarli in Turchia. La funzione è uguale e opposta".

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