Dal nostro inviato Matteo Bosco Bortolaso
Bruxelles (Belgio), 24 set. (LaPresse) – “Ora l’attenzione dovrà essere sulla protezione delle nostre frontiere esterne”. Con queste parole, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha chiuso il vertice sull’immigrazione di Bruxelles, durato dalle 19 di mercoledì all’una di stanotte. Tra i punti su cui c’è stato accordo, la costituzione degli hotspot: la cancelliera Angela Merkel ha annunciato che Grecia e Italia si sono impegnate ad aprirli da novembre, e che la Bulgaria ha espresso la volontà di fare altrettanto, per le persone che attraversano la frontiera con la Turchia. “Gli Stati membri che formano la frontiera esterna dell’Ue, cioè Grecia e Italia, così come la Bulgaria che pur non facendo parte dello spazio Schengen condivide una frontiera con la Turchia, stabiliranno i centri”, ha detto la Merkel al termine del Consiglio europeo, durante una conferenza stampa parallela a quella di Tusk.
Per il premier Matteo Renzi, quella passata a Bruxelles “è una notte importante”, che segna “la fine del principio di Dublino”, il regolamento per la gestione dei richiedenti asilo che obbliga l’identificazione dei migranti all’entrata nell’Ue e, soprattutto, l’obbligo di restare nel Paese in cui sono entrati nell’Ue. Renzi ha parlato, in inglese e in italiano, con i giornalisti che lo attendevano all’uscita dell’edificio Justus Lipsius, dove si è tenuto il vertice. Il presidente del Consiglio ha detto che a Bruxelles “è stato fatto un passo in avanti significativo”. Già prima dell’inizio del vertice, Renzi aveva però sottolineto che “il superamento di Dublino magari non verrà scritto nel documento finale, ma la realtà dei fatti è più forte dei documenti di Bruxelles”.
I centri di identificazione, chiamati anche nei documenti europei ‘hotspot’, rimangono una priorità per molti leader, in primis il presidente francese François Hollande. “Vogliamo che la soluzione (delle quote, decisa dai ministri dell’Interno ndr.) sia accompagnata da un controllo alle frontiere, attraverso i cosidetti hotspot”, aveva detto il capo di Stato, arrivando a Bruxelles da Parigi. L’identificazione dei migranti, aveva aggiunto il presidente francese, “è una questione importante per l’Unione europea nel suo complesso, oltre che per la Francia”.
Sugli hotspot, su cui Italia e Grecia venivano sollecitate dai partner, Renzi ha ribadito che essi rientrano in una politica complessiva che contempla diverse misure, e che non vanno quindi considerati isolati, come un impegno che cade solo su Roma o Atene. “Fatemelo dire in latino, visto che in inglese non sono troppo bravo: Simul stabunt, simul cadent”, ha detto il presidente del Consiglio, riferendosi all’approccio complessivo approvato ieri dal Consiglio europeo, che comprende i centri ma anche altre misure.
In effetti ieri i leader dell’Ue hanno discusso anche dei pacchetti umanitari per Libano, Giordania e Turchia, colpiti dai flussi migratori provenienti dalla Siria. Il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, sarà a Bruxelles il prossimo 5 ottobre. Diplomatici e funzionari europei considerano la sua visita fondamentale per riuscire ad arginare l’ondata dei migranti che attraversano l’Anatolia e sognano di arrivare in Europa. “È chiaro che la più grande marea di migranti deve ancora arrivare – ha detto Tusk a vertice concluso – ed è quindi chiaro che dobbiamo risolvere il problema delle porte e delle finestre aperte”.
Ieri, attorno al tavolo dei 28, i leader hanno affrontato anche il nodo delle quote. Un primo piano era già stato approvato martedì dai ministri dell’Interno dell’Ue, e prevede due tappe. In un primo momento dovranno essere ricollocate 66mila persone, già arrivate nei centri d’accoglienza di Italia (15.600) e Grecia (50.400). Quindi, a dodici mesi di distanza, si passerà ad altri 54mila migranti.