Panama (Panama), 11 apr. (LaPresse/Xinhua) – Un vertice di grande interesse, non solo per i temi economici e della cooperazione, ma soprattutto per le novità diplomatiche e i nuovi equilibri continentali. È il VII Summit delle Americhe che apre a Panama e su cui gli occhi del mondo sono puntati soprattutto per l’incontro che dovrebbe avvenire oggi tra il presidente Usa Barack Obama e il cubano Raul Castro. Un Summit in cui diversi Paesi sudamericani provano una volta di più ad alzare la testa per mostrare a Washington la possibilità di un’indipendenza dalla principale economia del continente. Ne sono l’esempio le parole del presidente della Bolivia Evo Morales che, annunciando la sua agenda, intervistato da TeleSur ha dichiarato: “Il signor Obama deve aver chiaro che non siamo più il cortile di casa degli Usa. Se vuoi ottenere il rispetto dell’America Latina, allora devi prima rispettare i latinoamericani”.
DAL 1994 A OGGI. Dal primo Summit delle Americhe nel 1994, quando l’allora presidente Usa Bill Clinton propose il lancio della Zona di libero commercio delle Americhe, per rivitalizzare le economiche latinoamericane, i Paesi della regione hanno visto raramente brillare le proprie aspettative, rimanendo in qualche modo soggiogati alle priorità delle economie dominanti. Ma ora la situazione sembra diversa. Cuba è tornata al vertice dopo 21 anni di assenza, portando in primo piano la questione della riapertura dell’ambasciate a Washington e L’Avana. Nelle settimane che hanno preceduto il Summit, inoltre, Russia, Unione europea, Corea del Nord e Vietnam hanno inviato nella capitale cubana dei loro rappresentanti diplomatici.
VENEZUELA SFIDA USA. Grande attenzione anche alle mosse del Venezuela in seguito al deterioramento delle relazioni con gli Usa. Il presidente Nicolas Maduro ha presentato una petizione firmata da oltre 10 milioni di persone, per chiedere a Washington di revocare le sanzioni contro i suoi funzionari governativi e la classificazione del Paese come “minaccia alla sicurezza nazionale”. Prima del Summit, forse contrariamente alle aspettative, i Paesi e le organizzazioni della regione, come l’Unasur (Unione delle nazioni sudamericane), l’Alba (Alleanza bolivariana per le Americhe) e il Movimento non allineato, hanno spalleggiato Caracas, sostenendo la sua volontà di indipendenza economica e il rispetto della sovranità nazionale. Tutti questi sforzi, dalla Bolivia al Venezuela, si riprongono proprio nel contesto del vertice di Panama, permettenendo ai maggiori membri latinoamericani dell’Oas (Organizzazione degli Stati americani) di negoziare come blocco unico alcune questioni regionali con Usa e Canada, sotto il motto di ‘prosperità con uguaglianza’.
L’AFFERMAZIONE DELLA CELAC CONTRO IL DOMINIO USA. Il vertice offre l’opportunità ai Paesi del sud di esprimere solidarietà reciproca e autonomia, per rompere con l’idea che la dipendenza dall’economia Usa sia necessaria per sopravvivere. Obiettivo è mostrarsi come blocco compatto, capace di andare avanti con le proprie gambe. La dottrina Monroe, istituita nel 1823 per allontanare l’influenza europea sulla regione e salvaguardare l’egemonia statunitense sull’America Latina, sembra ormai lontana. Nel 2011, sotto la spinta del presidente venezuelano Hugo Chavez, nacque infatti la Celac (Comunità degli Stati latinoamericani e dei Caraibi). Obiettivo: unire le nazioni americane, tenendo fuori Usa e Canada, per cercare di diventare un’alternativa all’Oas. L’organismo nuovo è visto da molti come una manifestazione del multilateralismo latinoameriano e come l’inizio di uno sviluppo indipendente. La Celac ha ricevuto sostegno anche da altri Paesi del mondo. Nel 2013 si è tenuto ad esempio il primo summit Celac-Ue, a cui ha poi fatto seguito una cooperazione simile con la Russia. A gennaio di quest’anno, si è tenuto il forum Cina-Celac, durante il quale Pechino ha promesso investimenti nell’area per 250 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Il cambiamento di equilibri dell’ultimo periodo propone un futuro affidabile per oltre 600 milioni di latinoamericani. Ecco perché il VII Summit delle Americhe non è più solo il forum intercontinentale per la cooperazione, ma anche lo strumento per provare a promuovere una forma di nuova prosperità, spingendo però sull’uguaglianza. L’America latina non deve stare più a guardare come se fosse il ‘cortile di casa’, ma può prendere il centro della scena.
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