Londra (Regno Unito), 9 gen. (LaPresse/PA) – Nati in Francia da genitori algerini e rimasti orfani da piccoli, i fratelli Kouachi sono sospettati di essere gli autori dell’attacco alla sede del settimanale satirico Charlie Hebdo. Si tratta di Chérif Kouachi, 32 anni, e Said Kouachi, di 34 anni.

Chérif Kouachi, 32 anni, fattorino in una pizzeria e aspirante rapper, si fece convincere dal religioso estremista Farid Benyettou ad abbandonare il suo stile di vita occidentale e prendere un volo per unirsi alla guerra sacra in Siria. Dato in affidamento e cresciuto a Rennes, nel nordovest della Francia, tornò con il fratello maggiore Said a Parigi dove, indignato dalla guerra in Iraq, si sentì attirato dalle idee e posizioni estremiste.

Nel 2005 Chérif Kouachi raccontò agli autori di un documentario della sua radicalizzazione. “Farid – disse in riferimento al religioso estremista – mi ha detto che i testi sacri dimostrano i benefici di attentati suicidi. Nei testi c’è scritto che morire come un martire è una cosa positiva”. Poco dopo il giovane si unì a un’organizzazione nota come Buttes Chaumont, guidata da Benyettou e impegnata a reclutare giovani musulmani dal 19esimo arrondissement di Parigi per i campi di battaglia dell’Iraq. Kouachi iniziò così a fare jogging in un parco della capitale francese per mettersi in forma e a imparare, con l’aiuto di disegni e schemi, come funziona un kalashnikov.

Nel documentario del 2005 Chérif appare come un giovane alto e magro, con un cappello da baseball messo all’indietro, che improvvisa un brano rap e balla circondato da un gruppo di amici. Gli autori del filmato descrissero il ragazzo come “un fan della musica rap più incline a uscire con ragazze carine che a frequentare la moschea”. Tutto questo sarebbe però cambiato a causa dell’influenza di Benyettou.

Messo a processo nel 2008, Chérif fu descritto come un jihadista riluttante, sollevato quando agenti dell’antiterrorismo francese lo fermarono e gli impedirono di prendere il volo per il Medioriente. I giornalisti che seguirono il processo ricordano un giovane magro e molto nervoso nell’aula del tribunale. L’uomo fu condannato a una pena detentiva di 18 mesi e il carcere lo rese più duro e intransigente. Chérif, ha raccontato a Le Parisien il suo ex avvocato, Vincent Ollivier, si fece crescere la barba, e divenne chiuso e indifferente. Una volta fuori dalla prigione, all’inizio del 2009 il giovane venne assunto da un supermercato in un sobborgo di Parigi, dove lavorò per sei mesi. Presto attirò però nuovamente l’attenzione delle autorità. Nel 2010 fu arrestato in relazione a un complotto mirato a liberare un militante islamico condannato all’ergastolo per un attentato del 1995, ma successivamente fu rilasciato e nei suoi confronti non furono formulate accuse. Chérif, ha riferito il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve, è stato descritto da altri aspiranti jihadisti come “violentemente antisemita”.

Si sa molto meno invece del fratello maggiore di Chérif, il 34enne Said; secondo Cazeneuve, tuttavia, anche lui era conosciuto alle autorità. Disoccupato e residente della città di Reims, era “alla periferia” delle attività illegali del fratello, ha detto il ministro dell’Interno francese. Secondo fonti del governo Usa, entrambi i fratelli erano in una no-fly list di Washington, che comprende terroristi e sospetti estremisti. Un altro ufficiale ha riferito invece che Said aveva viaggiato in passato in Yemen. L’uomo frequentava regolarmente una sala preghiere a Reims ma, secondo l’imam locale, Abdul-Hamid al-Khalifa, non intratteneva rapporti con altri fedeli. Indossava abiti tradizionali della regione del Maghreb, arrivava tardi per le preghiere e usciva non appena erano finite, ha raccontato al-Khalifa.

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