Bangkok (Thailandia), 2 feb. (LaPresse/AP) – Si sono tenute senza episodi di violenza le elezioni anticipate in Thailandia, ma le annunciate proteste dell’opposizione hanno costretto a chiudere migliaia di seggi a Bangkok e nel sud, privando della possibilità di votare milioni di cittadini che si erano registrati e aprendo la strada a un possibile annullamento del voto.
Il fatto che così tanti seggi non abbiano potuto funzionare implica che non verranno scelti tutti i membri del Parlamento. Di conseguenza il partito vincente non potrà formare un nuovo governo e il Paese potrebbe restare per mesi in un limbo politico. Un leader delle proteste, Suthep Thaugsuban, ha assicurato ai suoi sostenitori che il voto sarà annullato. E anche per Verapat Pariyawong, un avvocato indipendente formatosi a Harvard, “non c’è dubbio” che la Corte costituzionale si ritroverà a dovere affrontare una richiesta di annullamento. Il legale avverte però dei rischi: se il voto sarà annullato ci sarà “più sangue per le strade”, dice alludendo al fatto che i sostenitori del governo, concentrati soprattutto nel nord della Thailandia, non staranno a guardare se la premier Yingluck Shinawatra verrà cacciata.
I risultati ufficiali non potranno essere annunciati finché non si terrà una serie di elezioni suppletive, le prime delle quali si svolgeranno il 23 febbraio, e finché non avranno votato tutti i distretti. Le televisioni locali, che normalmente diffondono i risultati, in queste ore non mandano in onda grafici che mostrano vittorie e perdite dei partiti, ma quali circoscrizioni hanno potuto votare e quali no. La commissione elettorale ha fatto sapere che la chiusura dei seggi ha colpito circa il 18% dei 48 milioni di elettori registrati. Molti cittadini, inoltre, non hanno votato per scelta aderendo al boicottaggio del Partito democratico, all’opposizione. Piuttosto che “un confronto fra candidati si trattava di capire se le elezioni potevano tenersi o no, il che dice molto del destino della democrazia in Thailandia, che è appeso a un filo”, afferma Sunai Phasuk di Human Rights Watch.
Il voto, indetto a dicembre scorso a seguito delle proteste contro l’esecutivo guidato dalla premier Yingluck Shinawatra, è giunto in un’atmosfera molto tesa, dopo tre mesi di manifestazioni antigovernative il cui bilancio è di 10 morti e circa 600 feriti. E i timori di violenze nel giorno del voto si sono acuiti ieri, dopo che a un incrocio nella zona nord di Bangkok sono scoppiati scontri fra sostenitori e oppositori del governo, provocando sette feriti tra cui il fotoreporter statunitense James Nachtwey.
Oggi le uniche tensioni sono state nel distretto di Din Daeng a Bangkok, dove si sono verificati tafferugli fra cittadini che stavano andando al seggio e manifestanti che intendevano impedirlo. Uno dei dimostranti ha sparato un colpo d’arma da fuoco, ma non ci sono stati feriti, e dopo che le autorità hanno annullato il voto in quel seggio una folla adirata ha fatto irruzione negli uffici del distretto rivendicando il proprio diritto a votare. I dimostranti dell’opposizione avevano da tempo annunciato che avrebbero non solo boicottato le elezioni, ma fatto di tutto per impedire che avessero luogo. E ci hanno provato principalmente circondando gli uffici distrettuali in cui erano conservati i materiali elettorali per evitarne la consegna nei seggi e bloccando fisicamente i cittadini che andavano ai seggi.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata