Tripoli (Libia), 15 nov. (LaPresse/AP) – E’ di almeno 31 morti il bilancio dei morti accertati negli scontri di oggi tra i dimostranti e la milizia a Tripoli. Lo ha riferito la tv libica, precisando che i feriti sono oltre 200 e l’ultimo bollettino ne conta almeno 235. Il primo ministro libico, Ali Zeidan, ha dichiarato che “tutte le milizie armate devono lasciare Tripoli, senza alcuna eccezione”. I miliziani libici hanno aperto il fuoco contro i manifestanti che sventolavano bandiere del Paese e ripeteveno lo slogan “vogliamo un esercito, vogliamo la polizia” per chiedere che a garantire la sicurezza in città siano forze regolari. Secondo le ricostruzioni i manifestanti hanno marciato da una moschea in centro verso un quartiere chiamato Gharghour, sede del quartier generale di una milizia originaria di Misurata. Quando il corteo è arrivato nei pressi dell’edificio i miliziani avrebbero aperto il fuoco con mitragliatrici pesanti e granate. La maggior parte dei testimoni ha riferito che i manifestanti erano disarmati, anche se altri hanno dichiarato di aver visto alcuni di loro armati. Al-Taher Basha Agha, comandante della milizia di Misurata, ha affermato che alcuni combattenti avversari hanno usato i manifestanti come scudi umani per attaccarli. A chi gli chiedeva se la milizia di Misurata avrebbe abbandonato Tripoli dopo l’appello del premier, il comandante ha risposto che i suoi uomini lo faranno “solo da morti: Tripoli non ha ancora visto la guerra, e potrebbe vederla presto”.

Zeidan ha accusato sia i manifestanti sia la milizia per gli scontri. “Non si può aprire il fuoco contro persone che a loro volta rispondono sparando”, ha detto in tv. I manifestanti si sono detti scioccati dalle parole del premier. “Sono deliranti – ha dichiarato il manifestante Abdel-Karim al-Beriki – il primo martire è stato un uomo sulla settantina, come si fa a pensare che portasse con sè un’arma?”. Le milizie hanno istituito in tutta la città posti di blocco per evitare l’ingresso a Tripoli di altre squadre di combattenti. Le milizie libiche, pesantemente armate, sono composte da molti di quei ribelli che nel 2011 combatterono la guerra civile contro il dittatore Muammar Gheddafi. Dopo la fine del conflitto, non hanno riconsegnato le armi e sono divenute sempre più difficili da controllare, avanzando in alcuni casi propositi di autonomia.

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