Nuova Delhi (India), 11 set. (LaPresse/AP) – Arriverà venerdì in India l’attesa sentenza a carico dei quattro uomini riconosciuti colpevoli dello stupro di una studentessa, che fu violentata su un autobus in corsa a Nuova Delhi il 16 dicembre del 2012 e morì due settimane dopo a Singapore per le ferite riportate. I quattro sono stati condannati ieri ma la pena, ergastolo o pena di morte, deve ancora essere fissata. La procura ha chiesto l’impiccagione e molti, compresi i familiari della vittima, sono favorevoli alla pena di morte. La ragazza, allora 23enne, fu violentata da sei uomini: oltre ai quattro per i quali si attende la sentenza, uno si è impiccato in carcere lo scorso 11 marzo, mentre il 6° è stato processato come minorenne e condannato lo scorso 31 agosto a tre anni di riformatorio.

OGGI UDIENZA IN TRIBUNALE. Stamattina si è tenuta un’udienza in tribunale e inizialmente era previsto che le pene venissero fissate oggi. Mentre gli uomini venivano trasportati verso la Corte a bordo di un furgoncino della polizia, uno di loro ha gridato ripetutamente: “Sono innocente, sono innocente”.

PROCURA CHIEDE L’IMPICCAGIONE, DIFESA L’ERGASTOLO. All’inizio dell’udienza il procuratore Dayan Krishnan ha chiesto la pena di morte, per impiccagione, affermando che “non ci può essere niente di più diabolico che una ragazza indifesa sottoposta a torture”. Il reato ha sconvolto la “coscienza collettiva” dell’India, ha detto. I quattro ascoltavano le parole del procuratore senza reagire, ma non è chiaro quanto riuscissero a capire dei procedimenti. L’inglese è la principale lingua usata nel sistema giudiziario indiano, ma lo parla soltanto uno degli uomini, Vinay Sharma, e in aula non c’è un interprete. Un avvocato della difesa, V.K. Sharma, ha chiesto invece l’ergastolo, notando che la legge indiana prevede esecuzioni soltanto in casi eccezionali. I legali degli imputati sostengono dall’inizio che gli uomini siano innocenti e che fossero stati costretti a confessare. Tutti gli assalitori sono stati tuttavia identificati dall’amico della studentessa che era con lei al momento dell’aggressione e sono stati riconosciuti nelle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza vicino al bus. In aula erano presenti anche i genitori della studentessa.

PENA SARA’ FISSATA VENERDI’. È nel corso dell’udienza che il giudice, Yogesh Khanna, ha annunciato che la sentenza sarà pronunciata venerdì, precisamente nel pomeriggio.

LO STUPRO CHE HA INDIGNATO L’INDIA. Lo stupro della giovane studentessa avvenne il 16 dicembre del 2012 mentre la ragazza tornava a casa con un amico dopo avere guardato un film. Secondo la ricostruzione della polizia, i sei a bordo del bus privato avrebbero prima picchiato l’amico della 23enne con una barra di metallo e poi stuprato la donna usando anche la stessa barra e provocandole gravi ferite interne. I due furono poi scaricati nudi sul ciglio della strada e la giovane morì due settimane dopo in un ospedale di Singapore a causa delle gravissime ferite riportate. L’episodio sollevò una serie di proteste molto partecipate in tutta l’India per il trattamento riservato alle donne e spinse il governo ad affrettarsi a redigere un nuovo pacchetto di leggi a tutela delle donne.

PADRE DELLA VITTIMA CHIEDE LA PENA DI MORTE. I familiari della studentessa erano seduti in aula a pochi metri dagli uomini condannati. Quando è terminata l’udienza, i genitori della ragazza hanno ribadito che i quattro dovrebbero ricevere la pena di morte. “Hanno tolto la vita a nostra figlia e vogliamo che anche a loro venga tolta la vita”, ha affermato il padre della 23enne, che non può essere identificato. L’uomo lavora come addetto ai bagagli in un aeroporto e guadagna poco più di 200 dollari al mese. Nonostante provengano da una zona isolata del Paese, lui e la moglie avevano incoraggiato la figlia a studiare e perfino a lasciare casa per ottenere il diploma in fisioterapia. Quando avvenne l’aggressione, la ragazza aspettava i risultati degli esami finali.

LA PENA DI MORTE IN INDIA. La Corte suprema dell’India ha stabilito che la pena di morte dovrebbe essere usata soltanto “nei più rari dei rari casi”, ma la definizione precisa resta oggetto di dibattito. Fino al novembre del 2012, quando fu eseguita la condanna a morte sull’unico attentatore di Mumbai sopravvissuto, Mohammed Ajmal Kasab, in India era in vigore una moratoria non ufficiale sulla pena capitale. Due mesi dopo l’esecuzione di Kasab le autorità di Nuova Delhi avevano eseguito la condanna a morte nei confronti di Mohammad Afzal Guru, condannato per un attacco al Parlamento del 2001. Secondo la maggior parte delle stime, ogni anno in India più di 100 persone vengono condannate a morte, ma nella maggior parte dei casi le sentenze vengono commutate in ergastolo. Attualmente, hanno riferito i media locali, ci sono circa 400 prigionieri in attesa dell’esecuzione.

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