Gerusalemme, 16 lug. (LaPresse/AP) – Scintille fra Unione europea e Israele sulla questione dei territori palestinesi. Dopo l’approvazione delle nuove linee guida dell’Ue in base alle quali tutti gli accordi fra le parti, dal 2014, escluderanno i territori occupati, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto sentire la sua voce, dicendo che Tel Aviv “non accetterà nessun editto dall’esterno” a proposito dei suoi confini e la questione dei territori può essere decisa solo tramite negoziati con i palestinesi.
LA CLAUSOLA UE. In base alla nuova clausola inserita nelle linee guida Ue, dal 2014 le autorità israeliane dovranno garantire che i fondi Ue e i progetti di cooperazione siano diretti solo all’area dei confini di Israele precedenti al 1967, escludendo quindi Gerusalemme Est, Cisgiordania e alture del Golan, cioè i territori rivendicati dai palestinesi per il loro futuro Stato. A confermare la notizia è stato stamattina un portavoce della delegazione europea a Tel Aviv, spiegando che si tratta della cosiddetta “clausola per la praticabilità territoriale”. “Le entità israeliane situate nelle Alture del Golan, nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est non saranno idonee per i finanziamenti europei”, ha detto il portavoce, precisando che le norme previste non riguarderanno il settore privato israeliano, ma soprattutto entità come i centri di ricerca o le organizzazioni non governative. I centri che cercano di ottenere fondi ai sensi dell’accordo per ricerca e sviluppo con l’Ue o le Ong impegnate in progetti ambientali sono esempi di entità che saranno coinvolte. L’obiettivo di queste “linee guida è di fare una distinzione fra lo Stato di Israele e i territori occupati quando si tratta del sostegno europeo”, ha proseguito ancora il portavoce della delegazione Ue. Insomma, per ottenere finanziamenti europei, dal 2014 ai progetti israeliani sarà richiesto di firmare una clausola che stabilisca che operino entro i confini del ’67.
NETANYAHU: NON ACCETTEREMO EDITTI SU CONFINI. Dura la reazione del premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Israele “non accetterà nessun editto dall’esterno” a proposito dei suoi confini e la questione dei territori può essere decisa solo tramite negoziati con i palestinesi, ha detto. Prima di occuparsi degli insediamenti di Israele, ha proseguito Netanyahu, L’Europa dovrebbe occuparsi di questioni “leggermente più urgenti” nella regione, come la guerra civile in Siria e il programma nucleare dell’Iran. Il premier ha parlato al termine di un meeting con diversi ministri del suo Gabinetto proprio per discutere del taglio dei finanziamenti europei. Tra i partecipanti all’incontro c’erano il ministro della Giustizia Tzipi Livni, che è anche capo negoziatore israeliano per la pace, e il ministro dell’Economia Naftali Bennett, sostenitore del movimento per gli insediamenti israeliani.
ISRAELE: DECISIONE UE PREOCCUPANTE. Già stamattina Israele aveva fatto sentire la sua voce criticando l’Ue. Il vice ministro degli Esteri Zeev Elkin ha infatti definito la decisione europea “una mossa molto significativa e preoccupante”. “Di certo essa non migliora l’atmosfera per i colloqui di pace. Al contrario, alimenta il rifiuto dei palestinesi di tornare al tavolo dei negoziati”, ha aggiunto. Anche il ministro israeliano per l’Intelligence e gli affari strategici, Yuval Steinitz, ha puntato il dito contro l’Ue, accusando Bruxelles di volere isolare Israele. “Si tratta di preoccupanti passi verso quella che vediamo come l’affermazione di due standard diversi, perché non vediamo l’Ue comportarsi così in altre dispute territoriali”, ha detto il ministro. Intanto il segretario di Stato Usa, John Kerry, è di nuovo in Medioriente per colloqui nell’ambito dei suoi tentativi di riavviare i negoziati di pace. Non sono previste visite in Israele né nei territori palestinesi, ma incontrerà a cena il presidente palestinese Mahmoud Abbas in Giordania.
LA POSIZIONE PALESTINESE. La clausola introdotta dall’Ue rappresenta una forte dichiarazione di appoggio alla richiesta dei palestinesi che i confini del loro futuro Stato si basino su quelli precedenti alla guerra del 1967. I palestinesi chiedono inoltre, come condizione per riprendere i colloqui di pace, che Israele interrompa la costruzione di insediamenti in Cisgiordania. Dall’altra parte Israele ritiene invece che i colloqui riprendano senza precondizioni e che tutti i principali punti di divergenza siano risolti nel corso dei negoziati. La decisione di Bruxelles è stata accolta positivamente da parte palestinese. “Questo è l’inizio di una nuova era. Israele dovrebbe ascoltare con attenzione e capire che questa occupazione non può continuare senza obblighi di rispondere delle proprie azioni”, ha dichiarato la deputata palestinese Hanan Ashrawi.
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