Ankara (Turchia), 2 giu. (LaPresse/AP) – C’è apparente calma a Istanbul nel terzo giorno delle proteste che stanno sconvolgendo molte città della Turchia. Poche decine i manifestanti in piazza Taksim, ma la tensione resta alta perché nuove dimostrazioni sono state convocate per il pomeriggio. Intanto, Amnesty International denuncia due morti negli scontri avvenuti a Istanbul, da cui venerdì hanno avuto origine le proteste che si sono poi diffuse in tutto il Paese. Nessuna conferma da parte delle autorità, che nell’ultimo bilancio hanno parlato di 79 feriti e 939 arresti.
La protesta è iniziata venerdì con un sit-in pacifico a Istanbul per opporsi all’abbattimento di una zona verde nella piazza Taksim, dove il governo vuole fare posto alla costruzione di caserme e forse a un centro commerciale. La polizia ha sparato gas lacrimogeni e con cannoni ad acqua sul sit-in e le proteste si sono allargate ad almeno 48 città, secondo quanto riferito dal governo. I manifestanti hanno chiesto le dimissioni del premier Recep Tayyp Erdogan, accusato di una deriva autoritaria e di voler islamizzare il Paese. I laici e i gruppi secolari sono in allarme soprattutto dopo l’approvazione lampo di una legge che reprime l’uso di alcol.
Centinaia i feriti nelle proteste, tra cui quattro che hanno perso la vista dopo essere stati colpiti da candelotti di gas lacrimogeni e da proiettili di gomma, hanno riportato le autorità sanitarie. Almeno altri due dimostranti sono in ospedale in condizioni gravi e rischiano di non sopravvivere. Il ministro dell’Interno Muammer Guler ha dichiarato che gli arrestati sono stati oltre 900, ma parte di essi è stata rilasciata dopo gli interrogatori. Non ha precisato quanti siano ancora in custodia.
Piazza Takrim a Istanbul nella notte era presidiata da alcune centinaia di manifestanti, che hanno alzato barricate per impedire l’accesso alla polizia, dopo che questa ieri ha tolto le barriere con cui aveva isolato l’area. I dimostranti hanno acceso fuochi e scandito slogan antigovernativi, prima che iniziasse a piovere e che quindi il loro numero si riducesse a poche decine. Scontri sporadici ci sono stati nella notte quando un gruppo ha tentato di avvicinarsi agli uffici di Erdogan. Secondo l’agenzia Dogan, un veicolo della polizia è stato incendiato. Ad Ankara, centinaia di dimostranti si sono raccolti in una strada centrale dello shopping, alzando bandiere della Turchia e chiedendo le dimissioni del premier. Un gruppo ha anche urlato alla polizia di lanciare ancora altri gas lacrimogeni, denunciando l’eccesso nell’uso della forza.
Il premier Erdogan ieri ha tenuto un discorso televisivo, in cui ha ammesso che potrebbe esserci stato un uso eccessivo della forza ma ha anche sfidato i manifestanti. Quella in corso è la più grande sfida popolare al suo potere in un decennio in carica, ma lui ha definito le proteste una semplice espressione della minoranza, nonché non democratiche e illegittime. Ha detto che la polizia continuerà ad agire e che il progetto di abbattimento degli alberi della piazza di Istanbul non sarà cancellato. Intanto, è sospeso per ordine di un tribunale.
Sotto la leadership di Erdogan, la Turchia ha migliorato la crescita economica e il proprio profilo internazionale, assumendo un ruolo centrale durante la recente Primavera araba. Nel Paese è appoggiato anche dagli abitanti delle zone rurali e dai musulmani conservatori, ma è accusato da laici e gruppi secolari di una deriva autoritaria e islamica. Di recente ha approvato una legge che ha imposto severi limiti al consumo di alcol, facendo ancor più crescere il loro allarme. Chi rivendica la separazione tra Stato e religione lo accusa di immischiarsi nella vita delle persone. Oltre alla misura sull’alcol, ha anche invitato le famiglie a fare almeno tre figli e si è schierato contro l’aborto. Anche la sua politica sulla Siria è ampiamente impopolare, con molti che ritengono l’aperto appoggio ai ribelli metta la sicurezza a rischio.
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